Rutelli al Senato difende le Fondazioni lirico-sinfoniche e i servizi museali moderni
Signora Presidente, non so se il ministro Bondi e il sottosegretario Giro stiano seguendo questa fase del dibattito, però è una fase importante, colleghi della maggioranza, perché un Governo che, per quanto riguarda le politiche culturali, accentra senza destinare risorse non si capisce che politica abbia, signor Ministro. È chiaro che il Governo può decidere di dare corso alla gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche secondo un'indicazione che magari è in linea con la posizione di alcune formazioni politiche della maggioranza - penso alla Lega - le quali immaginano che anziché un centralismo romano si debba dar corso alle capacità e potenzialità del territorio. Come è emerso finora e anche alla luce degli interventi del collega Marcucci, che sottoscrivo, ciò è stato respinto.
L'opposizione ed il Partito Democratico hanno presentato degli emendamenti che propongono un meccanismo innovativo, ovvero lo stesso che il Governo di cui ho fatto parte - quando, signor Ministro, svolgevo la sua funzione - istituì per il cinema, cioè un credito d'imposta che permetta investimenti virtuosi nel settore. La maggioranza ha respinto anche questa posizione.
Parimenti, è stata avanzata la proposta di favorire le erogazioni liberali, cioè creare dei meccanismi di incentivo per coloro che vogliono finanziare un settore così particolare della nostra cultura. Signor Ministro, lei sa benissimo che, per le sue caratteristiche, si tratta di un settore che non potrà mai andare in pareggio. Lei ha ricordato la cpmplessa ripartizione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), e sappiamo bene come, in particolare, le fondazioni lirico-sinfoniche ricevano percentualmente risorse molto maggiori - se si vuole anche sproporzionate - rispetto agli altri comparti dello spettacolo a causa dei costi molto particolari di questo settore. Ma anche il meccanismo di erogazioni liberali incentivanti è stato respinto.
Si potrà ora discutere se gli emendamenti che stiamo votando, volti a destinare risorse aggiuntive alle singole fondazioni lirico-sinfoniche, siano o meno appropriati, ma, signor Ministro, dopo che avete bocciato l'impostazione - chiamiamola - federalista, l'impostazione di credito d'imposta e l'impostazione delle erogazioni liberali, ci si immagina che scegliate dei meccanismi di merito e, dunque, con riferimento all'emendamento 1.0.301, che riguarda l'Accademia Teatro alla Scala di Milano, che individuiate - passatemi il gioco di parole - una scala di priorità rispetto alle istituzioni culturali del nostro Paese.
Poco fa il collega Vita si è riferito all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che certamente merita un'attenzione non meno specifica. Come fate, dopo avere bocciato tutte le opzioni alternative, anche a bocciare - magari, signor Ministro, anche con una previsione di disponibilità inferiore a quella che viene proposta con questo emendamento - il luogo di massima eccellenza della cultura musicale italiana che è la Scala di Milano? Qual è la vostra politica? Qual è la scelta che si fa?
Mi rivolgo ai colleghi della Lega; per carità, qualcuno di voi sarà più sensibile alla fondazione dell'Arena di Verona, ma siamo tutti consci che non si tratta di difendere il San Carlo di Napoli o l'Arena di Verona, il Teatro Carlo Felice di Genova, il Teatro dell'Opera di Roma o un'altra delle istituzioni, ma si tratta di definire una politica. È evidente dal complesso di queste proposte emendative, che vengono rigettate una dopo l'altra, che c'è la volontà di blindare questo testo, ma senza un costrutto ed una logica e senza dare un futuro alla cultura italiana.
Questo è il momento, signora Presidente, nel quale credo forse il Ministro dovrebbe dire quali sono le priorità, perché dire semplicemente no a tutti gli orientamenti alternativi per far vivere queste grandi istituzioni significa semplicemente condannarle a morire.
Signor Presidente, parliamo di una norma, ancorché apparentemente marginale, molto importante. Mi rivolgo al Ministro, che ha chiamato al suo fianco, per occuparsi della questione della valorizzazione del patrimonio culturale, quindi dei musei, da ormai più di due anni, un manager che non aveva una competenza nel settore, il dottor Resca, che pure ha certamente messo molta buona volontà nel suo impegno. Mi rivolgo però anche ai colleghi liberali della maggioranza e anche dell'opposizione: stiamo affrontando un tema, colleghi, veramente serio, in quanto il ministro Bondi abroga una norma che è stata introdotta dal suo predecessore.
Di che cosa si tratta e in che modo noi, nella situazione del territorio italiano, intendiamo operare per quanto riguarda i servizi aggiuntivi? È evidente che stiamo parlando di una materia che, come sappiamo, fu introdotta dal compianto collega Ronchey, che per la prima volta portò nelle istituzioni culturali italiane i cosiddetti servizi aggiuntivi, ovvero la possibilità che privati potessero portare bookshop, bar, ristorazione ed altre attività private integrate con il servizio erogato dal pubblico.
Come si deve svolgere questo servizio? Pensate a musei di piccole realtà, dove non vi è la massa critica per aprire un bookshop; ma pensate anche alla qualità complessiva dell'offerta. La proposta di abrogazione che avanza il Governo, ministro Bondi, sostanzialmente prefigura lo "spezzatino" ovvero che ciascuno si debba occupare del suo comparto. Chi fa le pulizie crei il cartello delle pulizie, chi si occupa dei bookshop, della vendita di libri e prodotti culturali, faccia il cartello dei bookshop, chi si occupa della ristorazione o dei bar idem.
La proposta precedente, che so bene, Ministro, è stata contrastata anche in nome del desiderio di creare degli spezzatini e dunque di diffondere non la qualità dell'offerta, non una capacità competitiva con i grandi musei internazionali, ma delle situazioni parcellizzate e non necessariamente, colleghi, efficienti e fruttuose per il pubblico, è stata combattuta in nome del desiderio di non creare degli aggregati competitivi in grado di fornire dei servizi sul grande mercato che - voglio ricordare -noi abbiamo interesse di formare, perché in Italia ci sono 4000 musei. Non abbiamo soltanto i circa 400 luoghi-musei e luoghi archeologici dello Stato; abbiamo migliaia di musei dei Comuni, musei diocesani, musei privati, che hanno bisogno di avere l'interlocuzione di soggetti in grado di produrre un'economia di scala ed una qualità dell'offerta verso il grande pubblico, quando questo viene fatto in modo integrato. Prendiamo le Scuderie del Quirinale, struttura che io ebbi l'onore di costruire, assieme al collega Zanda, in occasione del Giubileo: era infatti una struttura abbandonata. L'attuale amministrazione ha salutato una grande mostra, quella del Caravaggio, con più di mezzo milione di visitatori, con grande introiti per la componente di bookshop, di ristorazione e dei servizi connessi, perché è un sistema nel quale è possibile il collegamento con altre istituzioni culturali. Lo spezzatino, signor Ministro, non è convincente.
Le chiedo di riflettere attentamente, perché vi richiameremo su questo ad una verifica del risultato dello spezzatino nel momento in cui incentivate i cartelli e - aggiungo - non fate altro che lamentarvi del fatto che le sovrintendenze territoriali non hanno mezzi, personale, non hanno competenze, spesso, tecnico-amministrative. Anziché favorire e delegare ad un livello più alto, basato sulla qualità, sulla fornitura di servizi che costringono con associazioni temporanee di impresa le diverse aziende specializzate (chi nelle pubblicazioni, chi nella pulizia, chi nella ristorazione) a fornire un'offerta complessiva e qualificata, voi caricate sulla sovrintendenza di Reggio Calabria la gara per la pulizia, per il bar, per il bookshop. Si scoprirà che la gara per il bookshop del museo di Locri va deserta, perché è molto difficile creare la massa critica per farla funzionare.
È questa la direzione di un'economia sociale di mercato e di una capacità di portare nelle politiche per la cultura quella integrazione dei servizi degna del nostro grande patrimonio e della necessità di dare un'offerta adeguata al grande pubblico, in un momento di crisi del turismo e delle risorse pubbliche per la cultura, attirando risorse private?
Mi perdonerà, Ministro, se sono appassionato sulla questione, ma come lei sa sono materie di cui anche io personalmente mi sono occupato nella mia prima esperienza di sindaco e poi nei 20 mesi in cui sono stato Ministro dei beni culturali, anche cercando di integrare questa opportunità con quella del turismo.
Non è convincente la proposta che voi avanzate, anche se alcune corporazioni difendono questa soluzione. Al contrario, proprio il fatto che microcorporazioni che si oppongono ad aggregazioni più forti nel mercato difendano la vostra proposta dovrebbe indurvi ad una riflessione - mi permetta di dirlo, collega Baldassarri - liberale, rivolta alle condizioni della concorrenza, ad un'economia di scala nel settore della cultura ed al miglioramento dei servizi per i milioni di visitatori potenziali nei musei e nelle aree archeologiche, i quali, quando nasceranno queste associazioni di impresa, potranno vederle integrate con i musei locali, con il circuito dei musei civici e con tutte quelle strutture (laiche, religiose e private) che formano la grande ricchezza del patrimonio culturale del nostro territorio.
Ecco perché sostengo l'emendamento 8.27 con queste parole appassionate che - come potete immaginare - sono convinte e fondate sull'esperienza. Le si potrà disconoscere, ma non vedo elementi convincenti in questa proposta. Poiché invece ne vede di molti insidiosi, mi associo all'emendamento 8.27 e invito l'Aula a sostenerlo con il voto.