FRANCESCO RUTELLI

Senato approva a grande maggioranza mozione Rutelli sulla crescita economica

Approvata al Senato a grande maggioranza e con grande soddisfazione di Alleanza per l'Italia la mozione Rutelli sulla crescita economica. Respinti dall'Aula solo alcuni emendamenti in particolare quello che proponeva il taglio del 35% dei finanziamenti pubblici ai partiti e quello sull'accorpamento delle Province e la soppressione delle Province delle città metropolitane.

Rutelli: «Tagliamo i costi della politica» - Il Fatto quotidiano

Il discorso in Senato di Francesco Rutelli sulla Mozione presentata da ApI per la crescita economica (1-00314)

Signora Presidente, questa è una discussione singolare, perché la Conferenza dei Capigruppo ha deciso di associare l'esame di una serie di documenti così importanti a quello di una mozione parlamentare, di cui gli importanti interventi che abbiamo appena ascoltato, a partire da quello del relatore Garavaglia, fino, da ultimo, a quello del collega Morando, ci indicano l'enorme rilevanza e anche la grande attualità. È singolare che il Parlamento e il Senato si lamentino, giustamente, di non affrontare le questioni fondamentali della vita nazionale e quelle che impattano sull'economia e sulle questioni sociali, quando, obiettivamente, il dibattito che stiamo svolgendo è, appunto, parte molto rilevante di cio` che preoccupa i cittadini, le imprese, le famiglie e il sistema produttivo nazionale.

Vi è un argomento che potrebbe tenere insieme le materie fondamentali all'ordine del giorno e la mozione che porta la mia prima firma e quella di altri autorevoli colleghi (pochi minuti fa si e` aggiunta, e lo ringrazio, la firma del presidente Colombo), perché il patto di cui parliamo oggi e` il Patto di stabilità e di crescita, come il relatore Garavaglia ha ricordato; ma tutti i provvedimenti di cui parliamo riguardano la stabilità. L'Europa, ancora due mesi fa, era investita e stava discutendo addirittura della possibilità che la sua moneta potesse finire, entrare in crisi ed essere sovvertita, all'indomani o nel contesto della crisi della Grecia. Le misure di cui stiamo parlando attengono, quindi, alla stabilità europea e delle nostre economie, a una serie di valutazioni macroeconomiche che inducano sull'economia nazionale qualcosa che, come affiora dal dibattito, stia in mezzo tra il vincolo esterno, che spesso ha aiutato l'Italia a tagliare traguardi importanti, e il commissariamento, inteso come commissariamento europeo.

Verrò tra un attimo al tema sollevato in chiusura dal collega Morando a proposito di ciò di cui - sottosegretario Casero - ci si occupa nel Parlamento, e della misura con la quale il Governo, guidato per la politica economica dal ministro Tremonti, porta davanti al Parlamento non le decisioni che contano, ma una collana di eventi e di provvedimenti, che di volta in volta trattano una piccola parte dell'insieme e non ci permettono mai di affrontare l'insieme. Qui allora parliamo di stabilità e di crescita. Il tema della crescita, si ricordava poc'anzi, il Parlamento lo dovrebbe affrontare di qui a due settimane, perché il Consiglio europeo, nel vertice di fine anno, dovrebbe iniziare a definire ciò che i Parlamenti a loro volta gli dovrebbero indirizzare, secondo quanto è stato fissato nel Consiglio europeo di giugno, nell'orizzonte del patto per la crescita al 2020. Cioè, si affronta la crisi economica e finanziaria europea non soltanto per cercare di chiudere le porte della stalla ai buoi che scappano, ma cercando di creare le condizioni per il ritorno alla crescita, il tema numero uno per l'Italia. Dove si incontrano allora queste due problematiche, cioè gli argomenti all'ordine del giorno del Senato e la mozione che, assieme agli altri colleghi, avevamo presentato, e che la Conferenza dei Capigruppo ha ritenuto di associare? Perché la nostra mozione è tutta interamente incentrata sulla problematica della crescita, in maniere che naturalmente possono essere discusse, che possono essere parzialmente o interamente condivise dal Senato, ma che comunque toccano il problema numero uno.

Qui apro un unico fronte polemico nei confronti del Governo e che si riferisce, illustre Sottosegretario, al modo con il quale il Parlamento esamina la politica economica. Ci fu detto all'inizio della legislatura che la politica economica era stata, tutto sommato, inquadrata attraverso un provvedimento che il Consiglio dei ministri aveva approvato in nove minuti e che, da quel momento, la legge finanziaria sarebbe stata una formalità. Bene, lo ricordava adesso il collega Morando, la legge di contabilità e finanza pubblica approvata nel dicembre dello scorso anno è già da buttare. Ma il punto e` un altro: oggi il Governo (alcuni Ministri, per la verità) ha annunciato che dopo che abbiamo approvato l'ex DPEF e ci apprestiamo ad approvare l'ex finanziaria (con le loro relative nuove denominazioni: quest'ultima si chiama ora legge di stabilità), il Governo intende presentare un decreto-legge per la crescita prima della fine dell'anno. Il Governo dovrà affrontare gli indirizzi del Parlamento sulle politiche per la crescita al 2020 richieste dagli appuntamenti europei che ho appena ricordato, ma annuncia anche la presentazione di un cosiddetto decreto milleproroghe. In sostanza, la politica economica e quella di bilancio si fanno con decreti-legge. Sappiamo che il milleproroghe, correggetemi se sbaglio, lo scorso anno e` valso circa 9 miliardi di euro: quindi, una delle parti principali della manovra annuale e` stata fatta attraverso il decreto milleproroghe. Alla fine di quest'anno ci aspettiamo un preannunciato decreto-crescita, nel quale alcuni Ministri intendono inserire risorse (esempio quelle per la cultura, magari quelle per l'università, che sono carenti e non vengono inserite bizzarramente laddove dovrebbero, cioè nella manovra che oggi si chiama legge di stabilità); in più, arriverà il milleproroghe, che diventa quel treno al quale ciascuno aggiungerà i vagoni di interesse per tappare altri buchi e fronteggiare altre evenienze, sempre di natura strutturale e certamente non marginale.

Dunque, siamo dinanzi ad un quadro drammatico, signora Presidente, che è il seguente: l'Europa si interroga su come l'Italia sia in grado di onorare i propri impegni in materia di politica economica e di stabilità della nostra macroeconomia e dei suoi orizzonti, e noi cosa facciamo? Qual è la risposta dell'Italia? Qual è la riposta del nostro Paese in ordine alle priorità per la crescita, che costituiscono il problema numero uno per un Paese che ha una crescita appena al di sotto o appena al di sopra dell'1 per cento e che paga quest'anno - anche qui mi corregga, sottosegretario Casero - 72 miliardi di euro solo di interessi sul debito, e comunque tra i 70 e gli 80 miliardi di euro di interessi ogni anno sul debito e non ha i soldi per attuare le politiche ordinarie, gestire il bilancio, fare gli investimenti e guardare al suo futuro?

Ed allora, è vero, signora Presidente: il senso della mozione che abbiamo presentato, se lo leggiamo così, si può incontrare con il dibattito che stiamo facendo, perché si può leggere come un documento che fornisce al Governo, se ce ne saranno - come mi auguro - le condizioni, un indirizzo per realizzare la crescita economica, e non soltanto la presa d'atto (come hanno ricordato tutti i colleghi che sono intervenuti della maggioranza e dell'opposizione), cui ci troveremmo al termine di questo dibattito di dover provvedere sulle regole europee che impattano su di noi. Abbiamo anche osservato come la semplice applicazione di alcune delle sanzioni ipotizzate in caso di inadempienza delle norme che ci accingiamo ad adottare in sede europea avrebbe per il nostro Paese un impatto gigantesco. Ed allora, dovremmo spiegarci meglio, e la domanda che io rivolgo al Governo e´ se intendiamo utilizzare l'occasione odierna soltanto per fare emergere, contro tempo, la volontà del Parlamento attraverso l'Assemblea del Senato mentre il ministro Tremonti si reca alla riunione dei suoi colleghi per capire come vada a finire una vicenda che l'ultimo vertice europeo ha consegnato ad una decisione insoddisfacente (con il compromesso tra il Governo tedesco e quello francese), oppure intendiamo cominciare da questo dibattito per dire, auspicabilmente maggioranza e opposizioni, che l'Italia deve imboccare la strada della crescita economica, se vuole immaginare di centrare gli obiettivi, virtuosi o per costrizione, della stabilità economico-finanziaria.

Questo è il tema, signora Presidente, che noi intendiamo porre nel documento che abbiamo presentato, ricordando che l'Italia si presenta a questo appuntamento con una crescita della spesa, al netto degli interessi, inquietante; che l'Italia si trova con una crescita della spesa regionale inquietante e tutti sappiamo, collega Massimo Garavaglia, che la vera messa in discussione del radioso orizzonte - come viene presentato da alcuni - del federalismo risiede esattamente in questo. Noi avremo cioè un federalismo con restrizioni, non un federalismo bengodi che da` al Nord la possibilità di liberare le proprie energie e al Sud nessun aggravio rispetto alle condizioni drammatiche in cui si trova. Un federalismo immaginato con questo quadro di restrizioni che non può - come sta già accadendo con la manovra di quest'anno - che andare a toccare pesantemente i trasferimenti  alle Regioni e agli enti locali, è e sarà ben diverso da quelle che, in particolare la Lega, ma anche altre forze politiche in quest'Aula, hanno inteso presentare ai loro elettori per i prossimi anni.

In ciò scorgo, collega Morando, uno degli elementi cruciali che potrebbero portare alla fine della legislatura. Non solo qui c'è un Ministro dell'economia che commissaria il Governo, ma la componente Lega Nord, tanto importante, a cui va riconosciuta la battaglia che ha condotto in tutti questi anni, si sta rendendo conto che i dividendi del federalismo non ci sono e non ci saranno. Da questo punto di vista, signora Presidente, esemplare e` la vicenda della riforma dell'università. Oggi di cosa dovremmo discutere? Poiché l'Europa non fissa un traguardo per il ritorno alla crescita al 2011, ma appropriatamente al 2020, dovremmo discutere di quelle misure strutturali che ci consentano di recuperare competitività, così come produttività e vigore e dinamismo dal punto di vista economico. E quale riforma più importante di quella dell'università e della ricerca dovrebbe consentire all'Italia, da qui ad un decennio, di rimettersi in carreggiata in termini di crescita? In questo passaggio e` contenuta la contraddizione più lampante, signor rappresentante del Governo, con un Parlamento che approva una riforma (che non tutti hanno condiviso: noi sì), ma sapendo bene che si sarebbe poi arrivati rapidamente al momento della verità in cui si sarebbe appurato se le risorse ci sono o non ci sono.

Nel momento in cui la riforma viene rimandata, messa nel freezer perché le risorse non ci sono, emerge la contraddizione di un Paese che è catturato, imprigionato tra le esigenze della stabilità e i ritardi determinati dalla incapacità di saper scegliere, di fare gli investimenti in quei comparti che servono a far ripartire la crescita, non solo e non tanto nel breve ma nel medio e lungo termine, quale certamente la riforma dell'università. Qui vien fuori la contraddizione di un Ministero che fa tagli lineari, alla pari, in tutti i comparti, anziché scegliere dove si deve colpire. Indiscutibilmente, ci sono aree nelle quali dolorosi tagli sono non solo indispensabili, ma possibili e delle aree in cui sono impossibili, assurdi, controproducenti come quello che ho appena citato. Signora Presidente, parliamo di un Paese, il nostro, che non ha la gente in piazza sulla riforma delle pensioni, che ha già fatto ed in misura più coraggiosa di quella del Governo francese. Questo va detto ad onore dei Governi precedenti e del senso di responsabilità delle forze sociali, delle maggioranze e delle opposizioni del nostro Paese, che sono consapevoli dei rischi per il futuro. Ma in Italia non possiamo fare solo politiche di contenimento se la crescita resta inchiodata allo 0,5 per cento, secondo la media degli ultimi anni. Dobbiamo creare le condizioni per il ritorno alla crescita, altrimenti, di cattura in cattura, saremo soltanto catturati dentro l'automaticità delle sanzioni dell'Unione europea.

Ha ragione il collega Morando: non c'è dubbio che noi vorremmo discutere in Europa non solo dell'automaticità delle sanzioni, ma anche delle grandi questioni della crescita a livello europeo e delle grandi tematiche che gli europeisti - mi si permetta di dirlo - propongono da anni. Lei, senatore Morando, ha citato Delors e gli eurobond per finanziare gli investimenti; io potrei citare l'altra proposta di Delors per una nuova CECA, ossia per una nuova agenzia europea dell'energia per l'autosufficienza energetica, tanto cruciale per tutti i comparti produttivi del nostro Paese. Inoltre, potrei citare l'Esercito europeo, in un momento nel quale in tutta Europa i grandi Paesi, a partire da quelli che hanno l'arma nucleare (Francia e Regno Unito), tagliano drammaticamente il bilancio della difesa senza porsi il problema che forse é arrivato il momento, più che di tagliare i bilanci nazionali, di stabilire una procedura che porti l'Europa ad avere un Esercito europeo credibile a livello internazionale, dotato adeguatamente e in grado di farci risparmiare, almeno nel medio termine. Oltre che sugli automatismi dei tagli, questi sarebbero gli orizzonti europei sui quali vorremmo ragionare, e vorremmo che il già euroscettico ministro Tremonti portasse anche questi argomenti nei tavoli europei in cui va a presentarsi.

Concludo, signor Presidente, elencando i temi principali di una mozione che, alla luce di queste considerazioni, si inserisce bene nel nostro dibattito, perché chiede che il Governo e il Parlamento concentrino l'azione nella seconda metà della legislatura su riforme e provvedimenti mirati alla promozione della crescita economica ed impegna il Governo a promuovere le iniziative che concorreranno a formare l'agenda per la crescita e il programma nazionale di riforma per la strategia europea «per l'occupazione ed una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» nel decennio 2010-2020. La nostra mozione introduce molte proposte (che semplicemente elenco senza descrivere), a partire dai tagli dei costi della politica. Il primo punto riguarda una scelta indispensabile, certamente complessa, ma a nostro avviso ineludibile, perché sia la politica ad assumersi una parte di ridimensionamento dei propri costi nel momento stesso in cui lo chiede alla società produttiva del nostro Paese. Indiscutibilmente la spending review deve essere fatta sulla base di parametri mirati. Pensiamo inoltre al taglio dei margini di spreco e di inefficienza nella sanità, che ci sono ancora; al disboscamento (questa è la prima parte della mozione, quella che riguarda il taglio della spesa) dei finanziamenti pubblici improduttivi alle imprese, oggi distribuiti a pioggia; all'accorpamento delle Province e alla ridefinizione dei compiti degli enti territoriali; ad un federalismo competitivo, che sia cioè in grado anche di consentire agli utenti di scegliere i servizi migliori e comporti premi per le prestazioni più efficaci. Il secondo capitolo concerne il miglioramento della competitività del sistema. Nel nostro testo si citano tre documenti che possiamo definire europei: uno solo è propriamente europeo, e si tratta del «rapporto Monti» sul mercato interno, le cui conclusioni possono essere adottate dal Governo italiano in maniera molto risoluta; gli altri due corrispondono alle proposte dell'Antitrust sulle liberalizzazioni e il rapporto della Banca d'Italia sul Mezzogiorno.

A nostro avviso, i tre temi sul Mezzogiorno, sulle liberalizzazioni e sul mercato interno, con riferimento a documenti di istituzioni nazionali, al massimo livello di autorevolezza, od europee possono essere una chiave d'intervento forte e convincente. Nella mozione si parla poi della questione giovanile, riferita all'accrescimento di opportunità, soprattutto con riguardo alle professioni, e della giustizia, che fa parte delle politiche per la competitività e non solo della rissa quotidiana per affrontare di volta in volta un lodo che poi tale non è. Si tratta, infatti, di un'innovazione semantica, signora Presidente. In Italia abbiamo imparato a chiamare lodo - che poi vuol dire accordo - e dunque accordo ciò che è un disaccordo. A partire dal lodo Maccanico, che poi non fu approvato, tutte le volte che viene avanzata una proposta che non viene approvata o comunque che non viene condivisa, la si chiama lodo; ma nella lingua italiana questo termine significa intesa, accordo. Da oggi in poi suggerirei di chiamarli «non lodi». Sarebbe utile.

Si procede poi ad una proposta per tagli dell'imposizione fiscale revenienti da questi tagli della spesa pubblica, a proposte per i comparti manifatturieri, per il made in Italy in particolare, per la scuola, l'educazione, la conoscenza, la ricerca, l'agenda del digitale, il programma per le piccole, medie e grandi infrastrutture, l'economia verde ed infine per il contrasto della corruzione e la crescita della produttività, considerati come fattori decisivi per il recupero della competitività. In conclusione si fa riferimento alla questione demografica, alla famiglia e al ruolo della società nella ripresa della crescita economica del nostro Paese. In sintesi, signora Presidente, onorevole collega relatore, signor rappresentante del Governo, la mia proposta è di cogliere l'occasione di questo dibattito nel quale ci troviamo con il fucile puntato delle nuove regole europee sulla stabilità della nostra finanza pubblica per farne anche un'occasione per fornire i primi indirizzi per la crescita. C'e` la possibilità che vi sia una condivisione tra maggioranza e opposizione? Me lo auguro, come mi auguro ci siano altre proposte che, in sintonia o anche in parziale dissenso da quelle contenute in questa mozione, ci permettano di fare del dibattito odierno un dibattito costruttivo ed utile per il Paese.

Mozione (1-00314) (10 novembre 2010) (testo 2)

Approvata

A firma dei senatori
RUTELLI, D'ALIA, PISTORIO, FOLLINI, BRUNO, RUSSO, GUSTAVINO, FISTAROL, POLI BORTONE, MARCUCCI, SERRA, BIANCHI, COLOMBO.

Il Senato,
premesso che:

è necessario concentrare l'azione del Governo e del Parlamento nella seconda metà della Legislatura su riforme e provvedimenti mirati alla promozione della crescita economica;

impegna il Governo a promuovere iniziative di competenza al fine di realizzare i seguenti obiettivi, che concorreranno a formare l'agenda per la crescita, nonché ad integrare il programma nazionale di riforma per la strategia europea «per l'occupazione ed una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» nel decennio 2010-2020:

1) migliorare i servizi e le prestazioni sociali per i cittadini riducendo la spesa pubblica e bloccando l'espansionismo delle amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali. In particolare:

a) va operata la riduzione dei costi della politica;

b) va operata la revisione dei meccanismi di spesa dello Stato (spending review), ma non sulla base di tagli lineari, che spesso provocano impatti negativi, iniquità e inefficienze, come nei comparti della cultura e della scuola;

c) va effettuato il taglio dei margini di spreco e inefficienza nella sanità mediante accorpamento delle Aziende sanitarie locali (ASL), centralizzazione degli acquisti, ridefinizione dei fabbisogni sovradimensionati;

d) il federalismo deve essere anche competizione tra le istituzioni pubbliche, perché la certezza di adeguate ed eque prestazioni per tutti i cittadini nei campi della salute, dell'istruzione e formazione e dei servizi sia anche frutto dell'esercizio di parametri concorrenziali che consentano agli utenti di scegliere i servizi migliori e comportino premi per le prestazioni più efficaci;

 

2) migliorare la competitività del sistema-Italia, tenendo conto che:

a) l'accelerazione delle riforme è parte di uno sforzo strategico coordinato per accrescere la competitività del Paese rispetto alle sfide dell'economia globale: è con riforme e competitività che si dà la migliore risposta alla «questione settentrionale»;

b) la svolta per la «questione meridionale» va trovata attraverso certezza di risorse, spendendo quelle disponibili, finora in parte inutilizzate, per realizzare i progetti che attivino investimenti pubblici, privati ed europei e porre nel prossimo decennio il nostro Mezzogiorno - anche creando zone franche economiche - al centro della crescita del Mediterraneo;

c) la «questione giovanile» - alta disoccupazione, blocco dell'ascensore sociale, sfiducia diffusa - è diventata una drammatica questione generazionale, e non si risolve affatto con provvedimenti settoriali o assistenziali, ma con un'economia più aperta che accresca le opportunità, con particolare attenzione alla riorganizzazione delle professioni e alla formazione;

d) va consolidato e innovato il nostro ancoraggio europeo a partire dalle possibilità di sviluppo che scaturiranno dai nuovi settori del Mercato unico;

e) le liberalizzazioni rimangono urgenti, e vanno ulteriormente tradotte in disposizioni legislative. Vanno rafforzate le norme in materia di servizi pubblici locali per evitare la spinta verso l'alto delle tariffe;

f) è tempo di avviare la stagione delle riforme in materia di giustizia nell'interesse del cittadino, sia sul piano del processo civile che sul piano del processo penale anche attraverso l'eventuale ricorso ad organismi individuati dal Parlamento;               

g) i risparmi di spesa provenienti dalle misure citate precedentemente dovranno consentire tagli mirati dell'imposizione fiscale;

h) il Ministro dello sviluppo economico sarà chiamato a coordinare le azioni prioritarie per i nostri comparti manifatturieri - che con le esportazioni oggi sorreggono la pur debole crescita del PIL - promuovendo le capacità del made in Italy, le produzioni di qualità, il settore energetico e i comparti innovativi;

i) non c'è progresso senza miglioramento della scuola, dell'educazione, della conoscenza: c'è bisogno di una stagione di buone direttive, investimenti in innovazione e buona amministrazione;

l) l'economia verde ha grandi potenzialità nei settori della logistica e dei trasporti, dell'efficienza energetica nell'edilizia, delle nuove tecnologie per le fonti rinnovabili. La concentrazione di questi fattori - indispensabili per centrare gli obiettivi vincolanti concordati in sede europea, e per la conquista di nuovi mercati - riguarda fortemente le città, motori dello sviluppo sostenibile. Ma occorre che la regolazione sia resa chiara, semplice, e soprattutto omogenea. L'Italia deve porsi all'avanguardia per migliorare l'ambiente e conquistare i mercati che si apriranno con la direttiva 2010/31/UE, che imporrà nell'arco di un decennio la costruzione di edilizia a zero emissioni;

m) la competitività da ritrovare e la coesione nazionale dipendono da vari fattori principali: 1) il contrasto della corruzione; 2) la crescita della produttività, che è anche condizione per attrarre investimenti esteri, attraverso modelli contrattuali che sviluppino la contrattazione decentrata di secondo livello e coinvolgano i lavoratori nei risultati dell'impresa; l'effettiva premialità per la responsabilità e il merito anche nelle amministrazioni pubbliche; un nuovo codice del lavoro semplificato, anche sulla base delle proposte del disegno di legge Atto Senato 1873;

3) un nuovo ordine liberale e il tessuto civile dell'economia. In proposito, occorre tener conto che:

a) le relazioni tra le persone, l'intraprendenza diffusa e il ruolo delle famiglie sono stati gli assi portanti delle stagioni d'oro della crescita italiana;

b) un nuovo ordine liberale per l'Italia del XXI secolo impone: di mettere doveri di cittadinanza e diritti sullo stesso livello; un paziente e diffuso recupero di efficienza nella pubblica amministrazione; un equilibrato rapporto tra i poteri dello Stato secondo le previsioni costituzionali; investimenti certi, mezzi moderni ed efficacia organizzativa per i corpi addetti alla sicurezza interna, in particolare per il contrasto delle mafie e del crimine. Il tessuto civile dell'economia è necessario per la coesione sociale ed anche per l'esistenza di una moderna economia di mercato; esso valorizza le esperienze non profit e del «terzo settore»; deve basarsi sulla ripresa competitiva dei sistemi, dei distretti, delle filiere, delle piccole e medie imprese;

c) il ciclo sociale ed esistenziale delle famiglie italiane riceve la spinta positiva dell'allungamento della vita umana, che schiude anche la possibilità del contributo attivo alle nostre comunità da parte di milioni di anziani. Occorrono risposte e sostegni adeguati e concreti a fronte di trasformazioni dirompenti quali la fine della stabilità occupazionale, la crescita della povertà specialmente nel Sud, il manifestarsi delle malattie degenerative e della non autosufficienza tra gli anziani, la diffusione di droghe, alcol e nuovi disagi tra i giovanissimi, l'afflusso indispensabile e le difficoltà di integrazione delle persone immigrate. Questi cambiamenti profondi hanno bisogno di misure coordinate e innovative su basi di sussidiarietà: non solo di sostegni economici e fiscali, ma di nuove soluzioni organizzative, informative e formative. Non si conosce l'economia e la tecnologia di domani, ma si devono prevedere le esigenze delle famiglie, le conseguenze della crisi demografica, le fragilità dei ragazzi e degli anziani di domani;

d) ripensare il fisco a misura di famiglia e per incentivare la natalità, migliorare e diffondere i servizi che consentano alle donne di poter lavorare senza rinunciare alla maternità (o doverla spingere troppo avanti negli anni) significa accrescere il tasso di occupazione, accrescere il PIL, migliorare la qualità del lavoro.» .

Torna indietro
Biografia
La mia vita, le mie origini, la politica
Roma
da dicembre 1993 a gennaio 2001
Cultura
Ambiente
Europa
Fotogallery
Video
Interviste, riflessioni ed estratti
Contatti