Missioni, «Castelli si dimetta»
«È evidente la crisi politica della maggioranza, crisi che oggi si è allargata alla politica estera. C'è una frattura politica con la Lega, che è divisa, e questo esige che il viceministro Castelli» che ha annunciato che non voterà il dl di rifinanziamento delle missioni internazionali, «si dimetta immediatamente». Lo ha detto Francesco Rutelli parlando con i giornalisti a Palazzo Madama.
«La componente militare - prosegue - viene minata dai leghisti. La componente civile, viene sconfessata dal ministero dell'Economia» riferendosi ai problemi di copertura delle norme approvate ieri sera all'unanimità in commissione al Senato.
«Se Tremonti non capisce che senza cooperazione civile le missioni non possono andare avanti - aggiunge - se toglie il sostegno, compie un gesto perfido».
Il testo dell'intervento del Sen. Francesco Rutelli in Senato sul decreto-legge recante proroga di missioni internazionali
Signor Presidente, tra pochi mesi sarà il decennale dell'11 settembre 2001, ed è chiaro all'Assemblea del Senato che in questi dieci anni si è registrata prevalentemente una convergenza tra le forze politiche e parlamentari sulle missioni all'estero (ricordo il Kosovo), e laddove si siano registrate divergenze, anche all'interno dei Governi e delle maggioranze (di recente, la situazione in Afghanistan), tutto sommato il sentimento generale di responsabilità che ha animato le due Camere è stato una costante.
Mi pare che quello che sta accadendo oggi non rientri propriamente nella differenziazione - rispettabile - delle prese di posizione di coscienza di un singolo parlamentare, ma sia espressione della obiettiva criticità che oggi vive la maggioranza di Governo. Il senso di responsabilità ci deve pertanto indurre a non usare questa occasione per scatenare caos, che si rifletterebbe, in primo luogo, sulle migliaia dei nostri militari che operano in condizioni difficili e rischiose in diversi scenari del mondo, in particolare in Afghanistan, ma non soltanto. Però, è compito dell'opposizione oggi, signor Presidente, far presente all'Assemblea che la dichiarazione di un Vice Ministro, quella fatta ieri da Castelli, secondo la quale non voterà questo provvedimento non è un fatto insignificante.
Non ero senatore, nella passata legislatura, facevo parte del Governo: ricordo che cosa accadeva al Governo per il fatto che singoli senatori esprimessero un motivo di dissenso. Era preannuncio di terremoto o di fine del mondo, chiaramente anche dovuto al fatto che al Senato per il Governo Prodi c'era una maggioranza risicata. Segnalo che nella storia della Repubblica non risultano distinzioni da parte di Ministri o Vice Ministri sugli assi fondamentali della politica estera. Dunque mi pare molto difficile che si possa continuare a svolgere il compito di Ministro o Vice ministro della Repubblica se addirittura ci si dissocia da quello che in tutte le democrazie del mondo è un pilastro della politica del Governo, cioè la credibilità internazionale e il porsi di fronte ai propri alleati e ai propri soldati.
Condivido quanto detto dal senatore Gasparri. Paghiamo un tributo di sangue. E allora siate responsabili innanzitutto voi della maggioranza: nel momento in cui abbiamo a che fare con drammatiche, difficili situazioni, ci aspettiamo che chi fa parte del Governo sottoscriva gli accordi di Governo, e non si dissoci su materie tanto delicate, critiche della vita del Paese. Quindi, chiediamo che si tirino le conseguenze. Se un Ministro, un Vice Ministro non è d'accordo con la politica estera del suo Governo, deve fare un passo indietro: si deve dimettere, e deve farlo immediatamente. Altrimenti, non venite a dirci che qui c'è un problema di procedure: si discute, si esamina, si deve ritrovare l'intesa. Siamo d'accordo: si discuta, si esamini, si trovi l'intesa, ma a monte si faccia quella chiarificazione politica che non renda l'Italia un Paese da operetta. Ripeto: in nessun Governo è tollerabile che noi membri dicano di non essere d'accordo con la politica estera. Ci sono dei soldati che ogni giorno rischiano la loro vita.
Non dico una cosa riservata perché non lo è: stamattina ho partecipato all'audizione dal Capo di stato maggiore delle Forze armate, generale Abrate, tenutasi presso il COPASIR, il quale ci ha spiegato le problematiche per cui le nostre Forze armate in Afghanistan debbono difendersi - il collega Passoni era presente - da minacce di cosiddetti ordigni improvvisati, sempre più sofisticati. I militari italiani che si trovano in queste condizioni hanno il diritto di sapere se hanno l'appoggio del Parlamento, ma prima ancora noi abbiamo il dovere di sapere se hanno l'appoggio del Governo della Repubblica. Non si può scherzare con la loro vita, non si può scherzare con la serietà ed affidabilità del nostro Paese.
Infine, siccome non sfugge, Presidente, a nessuno di noi che dietro la difficoltà che stamattina attraversa l'Assemblea vi sia una presa di posizione del Ministero dell'economia a proposito delle coperture, voglio dire anche qui che se il Ministro dell'economia e gli uffici preposti hanno delle osservazioni tecniche - è fisiologico che in un momento di crisi economica come l'attuale dobbiamo capire bene quali siano le coperture, anche rispetto a provvedimenti che le Commissioni o l'Aula del Senato modificano e si preparano ad approvare - lo facciano, ma vorremmo evitare di trovarci di fronte ad un balletto politico, cioè che una parte del Governo, e dunque il Ministro dell'economia, "stoppi" dei provvedimenti di politica economica, in questo caso addirittura di politica estera e di sicurezza, all'interno delle schermaglie che si stanno producendo in seno al Governo.
Questo dimostra, colleghi, che una crisi politica si può anche allontanare, come quando si butta la palla in tribuna giocando a pallone, ma alla lunga una partita di calcio non si gioca così. E ho proprio la sensazione che la maggioranza oggi abbia fondamentalmente il desiderio di buttare la palla in tribuna, rinviando le decisioni difficili, perché è in una crisi politica. Questa crisi deve avere allora un nome e un cognome, dei volti e delle responsabilità: non possiamo scaricarla sulle missioni all'estero. Lo dico, signor Presidente, perché poco più di dieci anni fa, quando dopo l'11 settembre ci fu da decidere se gli italiani dovessero essere parte delle missioni internazionali, io - che mi trovavo all'opposizione - non ebbi dubbi nel condurre una battaglia anche in seno all'opposizione stessa affinché l'Italia si prendesse le proprie responsabilità in politica estera e nelle missioni internazionali. Abbiamo pagato dei prezzi: tutti ci siamo presi una parte di responsabilità, congiuntamente.
Se si vuole che il Parlamento, dieci anni dopo l'11 settembre, continui nella convergenza che ha largamente accomunato le nostre fila, bene: bisogna sbarazzare il campo da queste lotte politiche interne al Governo. Per questo motivo, chiediamo che, se qualcuno nel Governo non condivide le missioni, prima si dimetta e dopo parli; chiediamo che il Ministro dell'economia, se ha dubbi sul finanziamento delle missioni, lo dica a viso aperto e non si nasconda dietro codicilli che lasciano il Paese e il Parlamento nell'incertezza, cosa che su questa materia nessuno si può permettere.