FRANCESCO RUTELLI

Intervista a Repubblica: «Il PD, le elezioni europee, la questione morale»

«Una questione morale nel Pd? È tutto da vedere, aspettiamo che la giustizia si esprima". "Non è credibile che il segretario venga sfiduciato da duecento dirigenti di partito". "Veltroni legittimato da 2 milioni di sì ma da lui ci aspettiamo un colpo d'ala».

Senatore Rutelli, c'è aria di bufera nel Pd. E la sua venuta a Bruxelles per dire che non entrerete mai nelle file del Partito socialista europeo non sembra fatta per calmare le acque. Alla prossima direzione ci sarà una resa dei conti?
«Non credo, né ne vedo il bisogno. Walter Veltroni è stato scelto da due milioni e mezzo di cittadini che lo hanno votato alle primarie solo un anno fa. Le pare credibile che lo possano mettere in minoranza duecento dirigenti di partito?».

E allora che si fa?
«Si fa che Veltroni deve avere a disposizione tutti gli strumenti per governare il Pd. E io credo che la direzione gli confermerà la fiducia e gli darà i mezzi di cui ha bisogno. In cambio lui ci deve dare una strategia politica e una spinta ideale che imprima un colpo d'ala al partito. E penso che lo farà, visto che ha già paragonato il suo intervento a quello del Lingotto, che è stata la pagina migliore della sua leadership».

Sì, ma la questione morale?
«Non parlerei di questione morale. Francamente mi sembra che siamo di fronte a casi e situazioni estremamente disparati e non riassumibili in una problematica unica o riconducibili ad un fenomeno univoco. A Napoli sono gli strascichi ancora irrisolti della guerra dei rifiuti. A Firenze c'è una situazione tutta da chiarire. Se ci sono fenomeni di malcostume è bene che vengano fuori, ma non mi sembrano sufficienti per mettere il Pd in stato di accusa. È giusto che chi ha responsabilità pubblica sia sotto osservazione. Una questione morale appare quando viene messa in questione l'efficacia del servizio pubblico e chi svolge un servizio pubblico deve essere onesto. Ma è molto dubbio individuare un altro tribunale che non sia quello della Giustizia, purché questa funzioni sempre al di sopra delle parti».

Torniamo alle questioni interne al Pd, allora. Lei è venuto qui a Bruxelles con Franceschini per partecipare ai lavori del Partito Democratico europeo, che ha fondato con il francese Francois Bayrou. E propone che il Pd a Strasburgo fondi un gruppo parlamentare autonomo con gli altri partiti di ispirazione democratica. Poi c'è Fassino che firma i documenti del Pse. Avremo di nuovo gli eletti del Pd che si iscrivono a gruppi diversi nel prossimo Parlamento europeo?
«Oggi sono in gruppi diversi perché ci sono entrati prima della confluenza di Margherita e Ds in un partito unico. Ma io credo che dovremmo essere coerenti anche in Europa. E dunque che occorra costruire qualcosa di nuovo anche qui, così come abbiamo fatto in Italia, invece di entrare nel Pse. Le vecchie case ideologiche del XX secolo non sono adatte alla novità che noi rappresentiamo. Nel Pd italiano ci sono socialisti, ci sono liberali e ci sono popolari che hanno lasciato il loro partito a causa della sua svolta conservatrice. Abbiamo creato qualcosa di nuovo in Italia. Non possiamo che iniziare lo stesso cammino anche in Europa».

Molti nel Pd sarebbero favorevoli ad una federazione in un gruppo parlamentare Pse-Pde, un gruppo dei socialisti e dei democratici europei. Un po' come hanno fatto i conservatori britannici con il Ppe. Che ne pensa?
«Che i conservatori non vedono l'ora di andarsene dal Ppe. E che il piccolo gruppo di una decina di cattolici e liberali che potrebbero essere eletti nelle liste del Pd in Italia finirebbe per scomparire nella marea dei socialisti europei. Inoltre non vedo perché noi dovremmo andare a rimpolpare le file del Pse per consentirgli di fare un altro accordo con i conservatori, come già in programma, sul modello della Grosse Koalition tedesca. Sarebbe il massimo dell'autolesionismo».

Non è che lasci ai suoi colleghi del Pd molte alternative.
«Vogliamo delle alternative? E allora potremmo benissimo entrare tutti nel gruppo dei liberali e democratici europei e prenderne la guida. Questo almeno ci darebbe rilevanza politica in Europa. Ma io non lo propongo. Capisco che per gli ex Ds sarebbe inaccettabile. E allora mi aspetto che loro non pretendano che noi confluiamo nel Pse. Il fatto politicamente nuovo degli ultimi anni è la vittoria dei democratici in America con Obama. Se si voterà in primavera in Gran Bretagna è possibile che dopo le elezioni si assista ad una inedita alleanza tra liberali e socialisti. Di fronte all'enormità della crisi che ci attende, occorre trovare risposte nuove, non rifugiarsi in soluzioni vecchie».

Allora è favorevole ad una alleanza coi socialisti?
«Certo. Quella è una soluzione praticabile. E del resto è già nei fatti, nell'esperienza di voto al Parlamento europeo. I tempi cambiano rapidamente. Dobbiamo trovare nuovi punti di convergenza per politiche nuove. La questione del clima, per esempio. E' evidente che occorre uno stretto collegamento tra il pacchetto anticrisi e il pacchetto clima, come propone l'Europa. Invece la questione ambientale in Italia è fuori dagli schermi radar. Questo governo ha perfino tolto gli sgravi fiscali al risparmio energetico, invece di metterne di nuovi. Sono cose da pazzi. Su temi come questi, si può ben trovare una convergenza strategica con i socialisti».

E sulla nomina del prossimo presidente della Commissione? Siete favorevoli ad una riconferma di Barroso?
«Intanto trovo inaccettabile che si cerchi di definire quale sarà il prossimo presidente della Commissione prima delle elezioni europee. E poi, come dicevo, sento aria di inciucio tra socialisti e popolari, sulla pelle degli elettori e sulla pelle degli stessi eurodeputati. Per questo l'idea di entrare in uno di questi due gruppi politici mi trova nettamente contrario. La creazione del Pd ha cambiato i parametri della politica in Italia. I democratici Usa apriranno un nuovo ciclo su basi nuove. Noi siamo i primi ad avere imboccato questa strada. Perché dovremmo andare indietro? Andiamo avanti».

da Bruxelles Andrea Bonanni per Repubblica6 dicembre 2008

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