Ddl Gelmini, ApI si astiene, il mio intervento in Senato
Intervento in dichiarazione di voto sull'emendamento di ApI per il finanziamento degli assegni di ricerca attraverso il taglio del finanziamento pubblico alla politica
Signor Presidente, nella precedente lettura questa formulazione è stata approvata dal Senato e questo fa onore al Senato. Successivamente è stata modificata nell'esame a Montecitorio e questo credo sia un fatto negativo. Mi spiego. Si tratta di una proposta e, nella precedente lettura, della decisione da parte del Senato di finanziare i diritti degli assegnisti con un prelievo circoscritto e mirato dal finanziamento della politica. Non è un provvedimento demagogico, irresponsabile o generico.
Detta in soldoni, il finanziamento della politica annualmente vale circa 200 milioni di euro, sommando i fondi che riguardano i rimborsi elettorali per le elezioni politiche, europee e regionali. Dunque, una riduzione dei costi della politica pari a 20 milioni di euro, come quello che si propone con questo emendamento, vale il 10 per cento dei costi della politica. Si tratta di una misura corrispondente - lo voglio sottolineare - a quello che il Parlamento ha deciso in tempi di crisi economica anche con riferimento alle indennità e agli emolumenti dei parlamentari.
Lo so bene che l'abolizione del finanziamento dei partiti sarebbe non solo antistorico, ma sbagliato perché permetterebbe di lasciare strada solo ai miliardari e a coloro che hanno la possibilità di intervenire con altri mezzi. Allo stesso tempo, è difficile sostenere che innanzitutto un ridimensionamento mirato e razionale dei costi della politica e, in secondo luogo, un legame tra questo ridimensionamento e un finanziamento aggiuntivo rivolto alla ricerca e al funzionamento delle nostre università non siano razionali e giusti.
Ecco perché nel riproporre questo emendamento all'attenzione del Senato vorrei, signor Presidente e colleghi, far notare conclusivamente che in questo modo, approvandolo cioè, noi consentiremmo di liberare 20 milioni di euro in più che potranno essere utilizzati per coprire alcune falle legate al taglio, che è stato confermato anche con la bocciatura dell'ordine del giorno che abbiamo presentato in apertura dei nostri lavori quanto al ripristino delle risorse per le nostre università.
Signor Presidente, è evidente a tutti che, se versare dei quattrini in un'università che non funziona e in un sistema malato è sbagliato, non finanziare adeguatamente una riforma che si vuole migliorativa non è meno sbagliato. Con l'emendamento 22.316 proponiamo un'iniziativa - ripeto - mirata, parziale, ma molto significativa che, a mio avviso, darebbe un segno positivo ai nostri lavori conclusivi sull'esame della riforma.
Testo emendamento
22.316, RUTELLI, BRUNO, RUSSO
Al comma 6, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: «Conseguentemente, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'onere derivante dalla predetta disposizione, valutato in 20 milioni di euro si provvede riducendo in misura corrispondente l'importo di un euro previsto dall'articolo 1, comma 5, primo periodo, della legge 3 giu-gno 1999, n. 157, il quarto periodo del comma 6 del citato articolo 1 è soppresso».
Intervento in dichiarazione di voto
Signor Presidente, molti italiani in queste settimane, di fronte ad una protesta che ha dato voce a un malessere reale, si sono posti una domanda: come possiamo rispondere a queste preoccupazioni sull'incertezza del futuro che attraversano le nuove generazioni? Di più: come possiamo evitare che, per un lungo periodo negli anni a venire, chi oggi ha tra i 15 e i 30 anni percorra le strade della propria esistenza consapevole di avere una prospettiva economica e professionale peggiore di quella dei propri genitori?
È evidente che molti tra i giovani contemporanei, molti dei nostri figli trasformino quest'ansia in disincanto e sfiducia verso la politica; alcuni in progettualità e attenzione alla cosa pubblica; una piccolissima minoranza in rabbia, una rabbia che può talvolta sfociare in episodi di ribellione distruttiva.
Il dovere della politica è di ascoltare, di capire, di dialogare e di guidare le trasformazioni. Il compito del Parlamento è di decidere, di fare buone leggi.
Ora, il punto è: poiché nessuno può difendere il sistema universitario com'è attualmente, la riforma che stiamo per approvare è migliorativa, oppure - come sostengono alcuni - peggiorativa? Ancora, è una riforma adeguata a modernizzare il sistema, a far incontrare offerta formativa e domanda di lavoro, attività di ricerca, qualità culturale e innovazione scientifica ed esigenze del sistema produttivo, a tagliare sprechi, familismo, clientelismo, dispersione inefficiente di risorse?
Il Senato si è trovato a discutere la riforma dell'università all'incrocio con decisioni importanti che riguardano tutto il comparto della conoscenza. E noi, signor Ministro, signori rappresentanti del Governo, dobbiamo dire che tutte le parti positive che certamente questa riforma contiene vanno lette nel quadro delle decisioni del Governo, in particolare delle scelte sbagliate di attribuzione delle risorse nei settori della scuola, della ricerca, della cultura e, appunto, dell'università.
Sia chiaro: chi sostiene in quest'Aula che la sfida si può ridurre semplicemente a mantenere o aumentare il finanziamento statale sbaglia. Perché buttare miliardi di euro in un sistema inefficiente non ne migliorerebbe l'efficienza, piuttosto aggraverebbe la situazione.
Allo stesso tempo, è vero che la politica voluta dal ministro Tremonti per il comparto della conoscenza è quanto di più sbagliato e controproducente possa darsi per l'Italia in termini strategici.
Più volte abbiamo messo a confronto le scelte compiute dal Governo tedesco con quelle del Governo italiano: la Merkel ha messo in atto un taglio della spesa molto severo, pari a ben 82 miliardi di euro in tre anni, ma contemporaneamente ha accresciuto gli investimenti in ricerca, tecnologia, formazione e cultura per 12 miliardi di euro. Com'è deprimente, signori del Governo, constatare invece che ancora una volta voi avete operato, in questi stessi comparti, con tagli lineari, tagli automatici, tagli indifferenziati.
Non avete, ancora ieri e ancora una volta, mantenuto i vostri impegni nei confronti del mondo della cultura. Lo debbo dire al ministro Bondi. In due anni sono state dimezzate le risorse destinate al Fondo dello spettacolo, dimenticando che non si tratta di elargizioni improduttive, ma di investimenti per un settore che è culturale e produttivo a un tempo.
Signor Ministro, la decisione di finanziare per soli 6 mesi il meccanismo innovativo, certamente e limpidamente incentivante del tax credit e del tax shelter, che avevamo introdotto col precedente Governo e che voi avevate inizialmente confermato, equivale a dire a tutti gli operatori: qui non c'è certezza. Chi vuole investire in cultura non ha alcuna garanzia, alcuna stabilità rispetto a progetti che hanno bisogno di risposte certe sull'arco di alcuni anni.
Ecco il problema di fondo che un'opposizione propositiva e moderna pone a questo Governo. E lo facciamo precisamente sulla legge per l'università. Ci siamo pronunciati con chiarezza durante l'esame del provvedimento, articolo per articolo, con molti emendamenti e ordini del giorno. Alcuni, anche importanti, sono stati accolti. Abbiamo sottolineato la rilevanza di aspetti positivi della riforma che vanno nella direzione di più competitività, più premio al merito, più efficienza del sistema.
L'ordine del giorno più importante, però, quello che lega la riforma al ripristino delle risorse necessarie, ripeto, necessarie, è stato accolto in prima lettura e stavolta respinto. E il testo, signora Ministro, è stato peggiorato alla Camera dei deputati. Se ne sono cioè accresciuti i caratteri di barocchismo, ridondanti, moltiplicatori di norme di rango regolamentare, con troppi rimandi ad atti amministrativi successivi, che renderanno l'attuazione di questa riforma un vero e proprio percorso di guerra. Si vede che il ministro Calderoli, ministro della cosiddetta semplificazione, ha dato veramente un contributo luminoso! Ancora una volta il passaggio da un ramo all'altro del Parlamento non ha affatto reso più chiara e semplice la qualità delle norme. E, ricordiamolo, anche questa volta sono state approvate norme sbagliate che debbono essere immediatamente modificate con un altro provvedimento di legge, anche se do atto al Governo di aver ammesso l'errore e di essersi impegnato a correggerlo subito.
C'è un altro peggioramento che va sottolineato: la norma proposta con i colleghi di Alleanza per l'Italia, che il Senato aveva finanziato con il taglio ponderato, razionale, dei costi della politica, a favore degli assegnisti, dei ricercatori, delle università, è stata soppressa. Un'occasione perduta per dimostrare che anche i partiti politici sono pronti a fare la loro parte - in questo caso, senza demagogia, un taglio al finanziamento pari a 20 milioni di euro - per far fronte a una crisi economica in cui a tutti viene chiesto di affrontare dei sacrifici. Anche la politica lo deve fare.
In conclusione, signor Presidente, il nostro voto non può che essere un'astensione che, in base al Regolamento del Senato, vale come voto contrario. Non però un voto contrario, perché solo se fossimo ipocriti potremmo limitarci a dichiarare che ci vuole ben altro, ovvero, come ricordava un collega stamattina, a cadere nel benaltrismo, vera e propria malattia nazionale. La riforma è necessaria. Va monitorata, verificata criticamente. E noi continueremo a rafforzare la nostra battaglia perché il futuro del Paese sia legato in modo indissolubile alle riforme indispensabili e all'attribuzione di giuste e appropriate risorse per l'università, per la scuola, per la ricerca, per la cultura.
È una battaglia fondamentale, signor Presidente, e fatemelo dire, essa unisce e unirà il nascente Polo dei riformisti, dei moderati, dei liberali, che guarda al futuro proprio perché vuole far uscire l'Italia dal declino produttivo, da una crisi che tocca in profondità le giovani generazioni.
È il nostro dovere, il dovere di portare agli italiani delle proposte, delle risposte, delle speranze.