FRANCESCO RUTELLI

Libertà religiosa: «Agire contro persecuzione cristiani»

Il testo dell'intervento in Senato di Francesco Rutelli sulla mozione n. 362 sulla persecuzione di cristiani

Signora Presidente, quello in corso è un dibattito importante, nel quale si profila una convergenza rilevante tra tutte le forze parlamentari del Senato, così come è accaduto questa mattina alla Camera. Detto fatto, però, ci richiama talvolta a riflettere sulla non grande saggezza di tenere dibattiti identici nei due rami del Parlamento nella stessa giornata, magari per adottare una identica risoluzione. Si ha di fronte una forma di bicameralismo perfetto che talvolta manifesta la propria imperfezione.

Premesso ciò, si tratta di un dibattito molto importante ed è bene che i senatori si pronuncino su una materia che riguarda non i cristiani o i credenti nelle religioni del nostro tempo, della storia, bensì le nostre libertà.

C'è troppa ipocrisia e troppa leggerezza in merito alla persecuzione dei cristiani nel mondo. Per un certo periodo di tempo si è immaginato si trattasse di reazioni ad atteggiamenti aggressivi, di situazioni legate ad antiche e radicate contrapposizioni locali, ma purtroppo non è così. Noi abbiamo a che fare oggi, Presidente, con una intolleranza religiosa che si associa, da una parte, ad un fondamentalismo aggressivo e, dall'altra, ad un atteggiamento e a subculture che inaccettabilmente immaginano di fronteggiare questi fenomeni con relativismo e indifferenza.

 

Le mozioni che sono state presentate sottolineano variamente la debolezza della politica dell'Unione europea, addirittura afona rispetto a fenomeni di questa straordinaria gravità, e l'indubbia debolezza delle Nazioni Unite, del sistema ONU, di fronte alle minacce alla libertà religiosa. Nella nostra mozione, in merito alla quale intendo sottolineare ed apprezzare l'importanza che il testo sia stato presentato congiuntamente - poi interverranno i colleghi che l'hanno sottoscritta - insieme ai colleghi Pistorio, D'Alia, Viespoli e i componenti dei nostri Gruppi parlamentari, si ricorda che la laicità della Repubblica si esprime anche e specialmente nella tutela della libertà religiosa, un valore essenziale nella vita di tutti cittadini. Uno Stato che tacesse di fronte alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza.

In realtà è un processo politico quello di fronte al quale ci troviamo. Nel Medio Oriente e in aree del vicino Oriente ci troviamo di fronte a tentativi di vero e proprio sradicamento della presenza dei cristiani. In Iraq si è registrata la fuga, determinata da persecuzioni e da paura, di centinaia di migliaia di cristiani che lì hanno vissuto per secoli e per millenni. Credo che su questo non saremo tutti d'accordo in quest'Aula, quindi la mia è una riflessione a titolo personale, ma non c'è dubbio che oggi dobbiamo fare una riflessione amara sugli sviluppi della guerra in Iraq per quanto riguarda la coabitazione tra religioni. Posso testimoniare qui pubblicamente quello che ho ascoltato in quegli anni dal 2003, dalla bocca di un uomo, Giovanni Paolo II, che ebbe a dire, prima che si scatenasse quel conflitto: «Non permettiamo a una tragedia umana di diventare anche una catastrofe religiosa». Quel santo aveva chiara la minaccia che una convivenza delicata e difficile per quell'evento potesse saltare definitivamente. Molti di noi ricordano il tentativo storico di Giovanni Paolo II, forse il suo grande rammarico che lo accompagnò al termine della sua esistenza terrena, di recarsi a Ur dei Caldei, in luogo di Abramo, il logo della fondazione delle nostre religioni. Quella delicatezza, quella complessità, quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni purtroppo oggi si stanno trasformando in situazioni molto difficili da governare e tocca però alla politica occuparsene. Se è vero - lo ricordiamo spesso, signora Presidente - che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se noi cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Gloria in excelsis deo e in terra pax hominibus bonae voluntatis» se cioè il concetto di pace è all'origine delle nostre religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga.

È la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la Shaaria, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero.

Signor Presidente, quando un cristiano prega non si riferisce a luoghi dell'Occidente, tanto è vero che in fondo anche Roma è una città la cui universalità è difficilmente collocabile storicamente come fatto dell'Occidente. È una città universale per la sua vocazione storica e per la sua di bimillenaria natura cristiana. Ma i cristiani pregano pensando a Nazaret, a Betlemme, a Gerusalemme. Non pensano ai luoghi dell'Occidente. Quelli sono luoghi universali, luoghi in cui l'incarnazione di Gesù è stata la concreta testimonianza della vicenda cristiana in luoghi che sono e rimangono universali. Del resto, San Paolo scriveva, oltre che ai Romani, anche agli Efesini e ai Colossesi, a comunità che appartengono all'universalità del mondo antico, come devono appartenere all'universalità del mondo contemporaneo.

Ecco perché non c'è dubbio che oggi esiste un problema serio, grave, con il fondamentalismo islamico. Noi ci aspettiamo dalle comunità musulmane in Occidente parole più ferme rispetto a queste situazioni. Ci aspettiamo, se posso usare tale espressione, più coraggio perché questo problema riguarda anche la libertà dei musulmani.

Ricordo, ad esempio, l'inaugurazione della grande moschea di Roma 15 anni fa. In quella circostanza i Paesi della Penisola arabica che finanziarono quella moschea, a beneficio di una comunità che ha, ha avuto e avrà piena accoglienza, si videro chiedere dalle autorità civili italiane che partecipavano all'inaugurazione diritto di reciprocità nei Paesi che avevano finanziato la costruzione di quella moschea per assicurare anche ai cristiani di poter pregare, riunirsi e pacificamente esercitare la propria fede, così come gli ebrei e i credenti di altre religioni.

Ecco perché il dibattito di oggi non è solo per denunciare un problema o per ritrovare ragioni comuni o ancora per riaffermare un'unità molto importante del nostro Parlamento su questi valori, ma è l'occasione per affermare dei principi su cui organizzare e motivare risposte istituzionali e politiche che spettano al nostro Governo, all'Unione Europea e alla comunità internazionale.

Ecco il senso del dibattito odierno, nella speranza che possa non limitarsi solo ad una formale e per certi versi quasi ipocrita convergenza a tutela dei cristiani minacciati, così come dovrebbe essere per i fedeli di qualunque parte del mondo, ma diventi uno strumento politico e che quella reticenza di cui si parlava all'inizio e quelle paure che spesso si accompagnano alla denuncia delle persecuzioni nei confronti dei cristiani in troppe parti del mondo diventino azione politica, azione istituzionale, azione di libertà a viso aperto a partire dalla nostra Repubblica democratica. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Russo).

SEN. FRANCESCO RUTELLI

 

IL TESTO DELLA MOZIONE

Atto n. 1-00362
Pubblicato il 12 gennaio 2011
Seduta n. 484

RUTELLI , PISTORIO , D'ALIA , VIESPOLI , RUSSO , BIANCHI , VALDITARA , BRUNO , MILANA , OLIVA , GUSTAVINO , SERRA , GIAI , POLI BORTONE , SBARBATI , SAIA , MENARDI , BALDASSARRI , CONTINI , DE ANGELIS , DIGILIO , GERMONTANI , PONTONE

Il Senato,
premesso che:

i fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo, e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Egitto ed in Iraq rappresentano l'ultima e pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;

il messaggio del 1° gennaio 2011 di Benedetto XVI, relativo alla libertà religiosa, via per la pace, ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e in particolare proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;

l'attentato alla cattedrale di Baghdad di poche settimane fa durante la celebrazione della santa messa e l'autobomba fatta esplodere di fronte alla chiesa copta di Alessandria d'Egitto nell'ultimo giorno dell'anno dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria "pulizia etnica" dei cristiani dal Medio oriente; ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano;

l'intolleranza religiosa trova la sua origine in un fondamentalismo non contrastato adeguatamente da tendenze e subculture connotate da indifferenza e inaccettabili forme di relativismo. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;

sono aumentati in modo significativo dei veri e propri nuovi pogrom nei confronti di comunità cristiane anche nel nord della Nigeria, in Pakistan, in Indonesia ed altri Paesi. Nella Repubblica popolare cinese, il Governo ha intensificato in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica clandestina e ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica;

in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'ONU si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;

la laicità della Repubblica si esprime anche e specialmente nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero,

impegna il Governo:

a farsi carico con determinazione di uno dei diritti inviolabili dell'uomo, la libertà religiosa, fondamento di tutte le libertà, denunciando ogni forma di cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati;

a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;

a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea e in sede di Unione euro-mediterranea con l'obiettivo di compiere passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;

a promuovere in sede di Unione europea e di Unione euro-mediterranea un'iniziativa finalizzata all'adozione di un Libro bianco sulla libertà religiosa nel mondo per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;

a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente in Africa, mantenendo gli impegni multilaterali già assunti dall'Italia; promuovendo in sede di Unione europea e di Unione euro-mediterranea la definizione di linee guida sulla libertà religiosa alle quali condizionare le scelte di cooperazione allo sviluppo, favorendo in questo modo i Paesi che mostrano progressi nel campo della libertà religiosa e penalizzando i Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;

ad affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;

a offrire il pieno sostegno, in particolare ai Governi dell'Egitto e dell'Iraq, nelle attività di intelligence e di indagine con l'obiettivo di consegnare alla giustizia i responsabili degli odiosi attentati di queste settimane contro le comunità cristiane;

a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e per impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi. Le numerose sfide, anche drammatiche, di questo nuovo anno vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;

a monitorare gli esiti del referendum in corso nel Sud del Sudan con particolare riferimento agli aspetti relativi alla sicurezza dell'area ed alla tutela delle comunità cristiane e non musulmane residenti nel Nord del Paese e, nel caso di voto favorevole alla separazione del Sud dal Nord con conseguente nascita di un nuovo Stato indipendente, a riconoscerlo immediatamente, aprendo una rappresentanza diplomatica nella capitale Juba e promuovendo una linea diretta di cooperazione economica e commerciale con le autorità del nuovo Stato.

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