Immigrati: «Fermare tratta o sarà tragedia»
Rutelli: «Serve nuova risoluzione Onu che affronti problema»
La retorica di questi giorni sulla questione immigrati è «idiota» e l'Italia «deve smettere di guardare il mondo attraverso la lente di Lampedusa» o in base «ai rapporti e le querelle tra i Paesi dell'Unione Europea». Per questo Francesco Rutelli, leader di Alleanza per l'Italia, ha illustrato partendo proprio da qui la ricetta del Nuovo Polo per cercare di arginare la crisi migranti. L'unico modo per arginare il problema, ha detto quindi l'ex presidente del Copasir, è agire seriamente, in cooperazione con tutti gli altri Paesi occidentali, a livello punti cardine e gangli della tratta degli esseri umani, «secondo elemento di business per le criminalità organizzate internazionali, secondo solo al traffico di droga».
Il prezzo medio di un trasbordo, secondo i dati raccolti da ApI, è passato infatti dai 1.200 - 1.400 euro di prima della guerra libica ai 4.000 attuali, il che fissa a 26 milioni di euro i proventi illeciti dei trafficanti solo nelle ultime settimane. Se a questo dato si somma il fatto che a fronte di un reddito medio annuo pro capite italiano di 31.000 euro e di uno tedesco di 34.000 euro, in Tunisia (dato pre-crisi)si vive con 7.000 euro, in Egitto con 5.000 e in Costa D'Avorio, sconvolta dalla guerra civile, con appena 1700, si ottiene un quadro che «difficilmente permette di ipotizzare una soluzione di breve periodo». Non solo: i dati finanziari vanno declinati, per Rutelli, insieme a quelli sulla pressione demografica (entro la metà del secolo gli africani passeranno dai 922 milioni di persone ai 1,27 miliardi) e quindi «ci dicono - ha spiegato Rutelli - che siamo solo all'inizio».
Per questo, quindi, tutti i senatori di ApI, insieme ai capigruppo di Fli, Mpa, Udc e Repubblicani Europei, hanno presentato una mozione nella quale si sottolinea che l'azione deve essere internazionale («serve una nuova risoluzione Onu», si legge nel documento) e che deve coinvolgere tutti gli attori del fenomeno, che va contrastato in loco grazie ad operazioni di intelligence congiunte tra forze di polizia locali e forze di sicurezza internazionali, che dovrebbero però risiedere stabilmente nei paesi di provenienza dei migranti, per contrastare le partenze «non già quando queste sono in atto», ma prima che comincino, fermando tutti i canali che alimentano la tratta degli esseri umani. Ampio spazio quindi, alla cooperazione internazionale tra Onu, Frontex, Ue e paesi della sponda sud del Mediterraneo, ma anche una azione capillare di monitoraggio del fenomeno in Italia, con la creazione di una task force governativa e l'istituzione di un National Rapporteur anche in Italia, come chiesto da Bruxelles.
«L'accordo raggiunto dal ministro Maroni in Tunisia il 5 giugno scorso - si legge nella mozione - ha ancora una volta un approccio errato e parziale alla gestione di un fenomeno complesso e articolato», un accordo «che si limita alla fotografia dell'esistente, senza contemplare l'ipotesi che a breve possa aumentare notevolmente il flusso di profughi dalla Libia, dalla Tunisia o anche dall'Africa centro-occidentale».
IL TESTO DELLA MOZIONE
Atto n. 1-00406
Pubblicato il 7 aprile 2011
Seduta n. 537
RUTELLI , D'ALIA , PISTORIO , CONTINI , RUSSO , SBARBATI , BRUNO , BAIO , VALDITARA , MOLINARI
Il Senato,
premesso che:
l'Italia rappresenta la piattaforma di approdo naturale per i flussi migratori in arrivo dal Nord Africa, dove la cornice istituzionale e di sicurezza continua ad essere particolarmente incerta;
la mera gestione di tali flussi nella loro fase terminale, di approdo alle coste italiane, non può rappresentare una soluzione percorribile o sostenibile nel medio periodo. Quanto accade a Lampedusa, infatti, è solo l'anello finale di una lunga catena gestita e manovrata dalle reti criminali transnazionali, nell'impotenza oppure con la connivenza o la benevola tolleranza anche da parte di funzionari dei governi dei Paesi da cui partono o che sono attraversati dai flussi migratori;
in una Relazione approvata il 29 aprile 2009 dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) all'unanimità concernente "La tratta di esseri umani e le sue implicazioni per la sicurezza della Repubblica" trasmessa alla Presidenza delle Camere, viene evidenziata in maniera inequivocabile e grazie al reperimento di informazioni sul campo da parte dell'intelligence italiana l'esistenza di rotte ben definite di passaggio per i migranti, secondo uno schema che configura in maniera drammatica una vera e propria forma contemporanea di riduzione in schiavitù. Un business criminale secondo soltanto al traffico internazionale di stupefacenti in termini di proventi illeciti; proventi che la criminalità reinveste per rafforzare tali organizzazioni, o in ulteriori attività eversive e criminali;
si conoscono i passaggi principali dei trafficanti, se ne osservano i campi di raccolta e di smistamento in Africa (per restare solo al fianco oggi più debole), si conoscono le tariffe estorte per favorire il passaggio dal punto di partenza a quello di approdo, si verifica l'acquisizione di mezzi di trasporto terrestri e per la navigazione. Occorre intervenire, a livello nazionale e internazionale, in maniera efficace sulla base di questi schemi ben noti;
è possibile e doveroso mettere in campo strumenti di cooperazione e di law enforcement internazionali, nonché immediati provvedimenti giuridici e di ordine pubblico nazionali. Ma soprattutto occorre affrontare il tema dell'emergenza migratoria nell'ottica del contrasto dei network criminali dediti alla tratta di esseri umani,
impegna il Governo:
a) sul piano internazionale:
1) ad attivare ogni iniziativa per promuovere l'approvazione di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che, accertata l'emergenza umanitaria legata ai flussi migratori in partenza dalla Tunisia e, potenzialmente, dall'intero Nord Africa, ne riconosca la valenza di minaccia alla sicurezza internazionale, visto il ruolo e l'attività delle reti criminali transnazionali nella gestione dei traffici di esseri umani verso l'Europa. Una tale risoluzione dovrebbe riaffermare il principio della "responsibility to protect" già sancito dalla risoluzione n. 1973 del 2011 del Consiglio di Sicurezza con riferimento all'azione in Libia e contemplare, come ratio estrema, la legittima ingerenza a fini umanitari della coalizione internazionale, cosa che nelle negoziazioni bilaterali il Governo di Tunisi ha respinto finora fermamente. Ma laddove la Tunisia non dovesse dimostrarsi o dichiararsi in grado di gestire autonomamente l'emergenza, una simile misura temporanea per facilitare la sicurezza regionale al fine di contrastare l'attività delle organizzazioni criminali transnazionali sarebbe l'unica strada percorribile. Al fine di smantellare queste reti è necessaria infatti la massima convergenza tra operatori di intelligence, Forze di polizia e operatori umanitari. L'Italia può e deve dichiararsi disponibile ad assumere la leadership di una operazione umanitaria su vasta scala, ma solo a condizione che sia autorizzata un'attività organica per il contrasto della criminalità organizzata e quindi per la prevenzione di flussi di persone assoggettate ai trafficanti, che oggi partono sostanzialmente dalla Tunisia e della Libia, ma che potrebbero allargarsi anche ad altre aree del Nord Africa. Una tale missione dovrebbe essere condotta sotto la diretta responsabilità dell'Unione europea, se necessario, anche attraverso asset della NATO;
2) nel caso in cui non fosse percorribile la strada di una nuova risoluzione ONU, ad attivarsi affinché l'Italia si impegni in sede europea per ottenere l'attivazione, il finanziamento e assicurare la leadership di una operazione di polizia internazionale (sul modello EUPOL), utilizzando gli asset messi a disposizione dai singoli Governi, l'azione di law enforcement di Europol e le strutture di intelligence nazionali ed europee (SitCen);
3) ad attivarsi affinché l'Italia proceda altresì alla rapida conclusione di accordi di collaborazione bilaterale con i Governi dei Paesi di origine e di transito dei flussi della tratta degli esseri umani. L'accordo raggiunto il 5 aprile 2011 dal Ministro Maroni con il nuovo Governo di transizione tunisino prevede la fornitura di motovedette e mezzi terrestri per il controllo delle coste, assieme alla ipotesi del dispiegamento di un sistema radar di controllo del traffico marittimo. Si tratta, ancora una volta, di un approccio errato e parziale alla gestione di un fenomeno complesso e articolato che mira ad arrestare le partenze nel momento in cui esse sono già in atto. Una circostanza che rischia di creare presto una pressione tale al confine tunisino da divenire ingestibile; ed una circostanza, inoltre, che si limita alla fotografia dell'esistente, senza contemplare l'ipotesi che, a breve, possa aumentare notevolmente l'afflusso di profughi dalla Libia, o dall'Africa occidentale, visto il deteriorarsi della cornice di sicurezza in Costa d'Avorio, o in generale dal continente africano, di fronte all'evidenza della permeabilità della cornice di sicurezza. È invece necessario che tali accordi bilaterali prevedano la possibilità per le Forze dell'ordine italiane e i nostri apparati di intelligence di risiedere stabilmente in territorio estero, in modo da collaborare ad arrestare all'origine il flusso, smantellando, ovviamente in cooperazione con le Forze di polizia locali, le reti criminali che gestiscono i traffici con metodo e precisione;
4) a favorire il pieno coinvolgimento delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Agenzia europea Frontex e dall'Alto Commissariato ONU per i rifugiati, per attrezzare sulle coste della Tunisia campi profughi all'interno dei quali poter fornire assistenza umanitaria e garantire la piena identificazione dei migranti, con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai profughi di guerra dalla Libia. Una misura analoga dovrebbe essere intrapresa e protetta dalle forze della coalizione internazionale e da organismi internazionali (ONU e Croce Rossa) all'interno del corridoio umanitario già aperto in Cirenaica, da dove si stanno registrando le prime partenze di migranti e di clandestini, anche provenienti dalle zone di guerra ormai endemica nel Corno d'Africa (Etiopia, Eritrea, Somalia);
5) a rafforzare il pattugliamento navale congiunto europeo, anche attraverso il coordinamento dell'Agenzia Frontex e anche in acque territoriali della Tunisia. Il pattugliamento non può, per ovvi motivi umanitari e di rispetto del diritto internazionale, rappresentare uno stretto cordone sanitario, motivo per cui è necessario assumere misure efficaci a terra, sulla sponda sud del Mediterraneo; esso può comunque essere uno strumento utile per stringere le maglie che, in una situazione di turbolenza geopolitica spiccata, potrebbero rivelarsi ingovernabili;
6) a valutare la possibilità di attivare, anche attraverso l'intervento del Consiglio di sicurezza dell'ONU, i necessari meccanismi previsti dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale allo scopo di demandare alla Corte situazioni nei Paesi di origine e di transito dei flussi migratori in cui si possano configurare crimini contro l'umanità a carico dei responsabili di traffico di esseri umani;
b) sul piano nazionale:
1) a procedere ad una rapida ricognizione dell'identità e dello status dei migranti già sbarcati in Italia, garantendo priorità e tutela ai richiedenti asilo politico e ai profughi di guerra. La concessione del permesso temporaneo, come previsto dalla testo unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, rappresenta anche una garanzia per meglio gestire la presenza di immigrati in territorio italiano. In tal senso, l'Italia dovrà spendersi in sede europea perché, sotto questo profilo, i partner dell'Unione europea si dimostrino effettivamente solidali ben oltre le dichiarazioni di principio;
2) a creare una task force governativa per la gestione dell'emergenza che metta al centro la fattispecie della tratta di esseri umani, in modo da assicurare una costante attività di scambio di informazioni e di collaborazione con i Paesi colpiti dal fenomeno, e sulla cui attività tenere costantemente informato il Parlamento;
3) ad istituire urgentemente la funzione in Italia del National Rapporteur sul fenomeno della tratta, così come raccomandato dalla Commissione europea e dal Consiglio d'Europa.