FRANCESCO RUTELLI

Intervista a Repubblica: «No alla bioetica di partito»


«Sbagliate certe reazioni in stile vecchio Pci. Al Senato non ho votato da cattolico ma da parlamentare che deve trovare la sintesi».

Senatore Rutelli, Eluana è morta dopo 17 anni di agonia e tanti, troppi, anni di battaglie giudiziarie e politiche combattute sulla sua sorte. Si poteva immaginare un epilogo diverso?  
«È stato un percorso doloroso, lunghissimo, che non si riassume solo nei suoi ultimi giorni. Per Eluana, mancando una norma di legge, è stata applicata una sentenza. Il padre Beppino ha fatto una scelta precisa, che va rispettata: ha portato nello spazio pubblico, anziché tenerlo nella riservatezza della famiglia, dei medici e delle strutture sanitarie, la soluzione della continuazione della degenza di sua figlia, oppure della conclusione di quel percorso. Migliaia di famiglie compiono una scelta diversa, ma di quella degli Englaro va apprezzata la dignità civile».

Urla, minacce e insulti hanno spesso prevalso sul confronto approfondito e sereno che una simile vicenda avrebbe richiesto. La politica non è proprio sembrata all'altezza del suo compito.
 
«Non nelle risse, nelle strumentalizzazioni, nella propaganda. Anche se la passione, su questa vicenda, è positiva. Molto peggio l'indifferenza. Se ne scaturirà una legge dignitosa sul "fine vita", sarà bene. Non dimentichiamo che se una legge non fu approvata prima, non è stato per pigrizia, ma per l'impossibilità di formare una maggioranza in Parlamento».

In un'intervista a Repubblica, Gustavo Zagrebelsky ha sostenuto che il dibattito sui temi etici è dominato dal dogmatismo di una parte del mondo cattolico e di una parte di quello laico. E afferma che soluzioni equilibrate e condivise su argomenti così complessi sono possibili soltanto se tutti abbandonano preconcetti e rigidità. Condivide questa analisi?
«Si. Anche se, depurate dall'intolleranza e le faziosità, sono inevitabili le differenze biopolitiche: è finita in pochi anni un'esperienza plurisecolare, antropologica, di una certa "naturalità" della vita e della morte, e ci sorprendiamo che questo ci sorprenda? Che ci colpisca, in certo senso, e crei divisioni? Chi non ha letto di scienziati, di filosofi che hanno conosciuto ripensamenti anche profondi, di fronte all'incessante evoluzione delle questioni bioetiche? Ricordiamo, ad esempio, che fino a pochi anni fa sembrava che il solo filone di ricerca promettente sulle cellule staminali scaturisse dalla manipolazione degli embrioni; oggi i risultati più rivoluzionari emergono dalle cosiddette "adulte". E quel dibattito è cambiato».

Lei si era detto pronto ad approvare il disegno di legge presentato dal governo e ritirato dopo che la notizia della morte di Eluana ha scatenato la gazzarra al Senato. Poi ha votato una parte della mozione presentata dalla maggioranza assumendo una decisione fortemente minoritaria all'interno del gruppo parlamentare del Pd nel quale anche molti esponenti cattolici continuano a riconoscersi. Si sente ancora a suo agio in questo partito che lei stesso ha fortemente voluto e contribuito a fondare da leader della Margherita?
«Non ho votato in quanto cattolico. E' evidente che un cristiano dovrebbe avere una sensibilità speciale se si tratta della "vita imperfetta". Così come del rispetto verso chi ha una pelle diversa, o è povero. Ma il parlamentare deve puntare a una sintesi. Questo ho cercato di fare martedì: ho votato a favore della mozione del Pd (una quindicina di punti). Il punto, importante, che non condividevo - quello che non distingue le cure dalla alimentazione e idratazione - era invece condivisibile in quella del centrodestra».

Dopo quanto è accaduto si sente ancora a suo agio nel Pd?
«Non abbiamo fatto questo partito per decidere a maggioranza sulle questioni bioetiche. Peggio: per definire trascurabili o sorprendenti, o "strappi", le posizioni diverse. Se stabiliamo che c'è piena dignità per chi - attraverso un suo difficile percorso - abbia formato un convincimento diverso, ma questa promessa non viene mantenuta, è grave. Penso che alcuni momenti alti, nella Margherita, li abbiamo avuti proprio quando ci siamo divisi - con onestà e rispetto reciproco - sulle questioni bioetiche. Altrettanto alta dev'essere la capacità del Pd di ricercare una sintesi e comunque di valorizzare diversità che corrispondono a opinioni profonde nella società italiana».

Berlusconi e il Pdl hanno fatto della vicenda Eluana una vera e propria battaglia identitaria. Il Pd, invece, ha scelto la via della libertà di coscienza soffrendo divisioni interne e tensioni che già avevano attraversato il campo del centrosinistra quando si è votato per il referendum sulla procreazione assistita ed i Pacs. Pensa che questa soluzione "liberale" possa essere all'altezza della domanda di guida che viene dalla società italiana?
«È una novità, la posizione di Berlusconi: finora aveva imposto al suo partito il silenzio, se non l'indifferenza, sulle materie eticamente sensibili. Ma non dobbiamo sempre agire specularmente a Berlusconi. Io sono insoddisfatto della qualità del pluralismo nel Pd sulle grandi questioni che possiamo chiamare umanistiche. Non mi occupo del Pdl, ma del mio partito, che dev'essere, esattamente, liberale. E penso che guidare la società non significhi imporre una bioetica di partito, ma orientare la legislazione accompagnando le grandi tendenze scientifiche».

Ciò non vi espone continuamente al rischio di trovarvi in conflitto, di apparire senza una direzione precisa e credibile per il vostro elettorato e per quello che vorreste convincere?
«Prendiamo ad esempio le manipolazioni "industriali" sul Dna. Su molte materie possiamo guidare, uniti, i cambiamenti. Su altre ci divideremo. Non è un dramma. A meno che si pensi di forgiare proprio su queste materie intimamente problematiche l'identità prevalente del Pd. Qui invece dovrebbe vivere il pluralismo, che consente la crescita comune tra maggioranze e minoranze che vivono in un partito come nella società».

Accetta dunque di condurre una battaglia minoritaria che rischia di restare testimonianza?
«Certo: in democrazia si può convincere, o trovarsi minoranza. Nelle questioni sensibili, però, quelle che toccano l'inizio, la fine e la dignità della vita umana, dobbiamo concorrere sempre a creare consensi più larghi, e trasversali. Chi guida il Pd ha anche un preciso compito: stroncare le interpretazioni secondo cui chi ha un'opinione diversa sia al servizio di altre strategie. Sono riflessi che non si sono ancora dispersi dai lontani tempi del Pci, ma noi abbiamo creato un partito radicalmente nuovo».

Nei prossimi giorni sarete impegnati nel tentativo di varare un provvedimento complessivo sul testamento biologico. Qual è la sua posizione?
«Coincide per il 90 per cento con quella espressa dai gruppi parlamentari del Pd. Su alcuni aspetti ho opinioni diverse, le confronteremo ancora».

In questi mesi anche dal suo partito si sono levate forti proteste per gli interventi delle gerarchie cattoliche. Come giudica il ruolo svolto dalla Chiesa nella vicenda?
«Secondo alcuni, c'è la Chiesa buona nei giorni pari: quella che si batte contro la "tassa sugli immigrati", quella contro la guerra in Iraq o in Palestina, quella di Famiglia Cristiana o della difesa dei medici che vogliono curare tutti i malati, anche i clandestini. E quella cattiva dei giorni dispari: che s'impiccia sui temi della vita, mentre pretende che anche gli asili nido cattolici siano finanziati per il servizio che rendono e così via. Io sono per uno Stato laico, in cui sono distinte le responsabilità, in cui si critica apertamente, ad esempio, una realtà religiosa lenta nello sconfessare i vescovi negazionisti. Ma anche dove vale quel che ha detto Obama: "Ha torto chi chiede ai credenti di appendere la loro religione all'uscio prima di presentarsi sulla pubblica piazza».
 
Luigi Contu per "La Repubblica"12 febbraio 2009
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