FRANCESCO RUTELLI

Intervista al Quotidiano Nazionale: «La via maestra per le regionali, l'economia, la giustizia»

Senatore Rutelli, in alcune regioni chiave come Lazio, Calabria e Campania, l'Udc sostiene il candidato del Pdl. E' la linea dell'Api?
«Non contesto l'Udc: so che è difficile quadrare il cerchio. Rispetto a cinque anni fa, quando era sempre con la destra, oggi sceglie regione per regione. Preferirei che lo facesse in base ai programmi. In Campania, non vedo oggi buoni programmi, né buone compagnie».
 
Nel Lazio sembravate orientati a sostenere la Polverini, è cambiato qualcosa?
«Abbiamo proposto una strada innovativa: dopo il governo Storace, che ha lasciato 10 miliardi di debito nella sanità, e l'insufficiente governo Marrazzo, una legislatura di unità sulle cose da fare. Risposta negativa; addirittura, nessuna risposta dalla Polverini. Il programma Bonino finora è evanescente. Decideremo in una riunione convocata domani».
 
Gli ultimi sondaggi vi danno allo 0,5%, questo complica o favorisce la prospettiva di una vostra fusione con l'Udc?
«Guardi, ci sono sondaggi decisamente più alti, e accetto scommesse: dove ci faremo conoscere, avremo buoni risultati. Ma siamo nati neppure tre mesi fa e non abbiamo nessuna fretta: puntiamo a creare un programma di riforme liberali e popolari, a radicarci nel territorio e a creare un'aggregazione molto più larga. Con l'Udc, certo, ma anche con quanti usciranno da un Pdl condizionato dalla Lega e da un Pd troppo a sinistra. Il vero appuntamento è da aprile in poi...».
Impressionato dall'abbraccio tra Bersani e Di Pietro?
«Un abbraccio francescano può anche far bene. Ma l'intesa acritica con un movimento che slitta sempre più verso il giustizialismo non convince. Se l'Idv è passata dal 2% del 2006 all'8% del 2009 è stato perché non ha pagato dazio per le sue contraddizioni: peronismo, mentre reclama più democrazia; linea giacobina, mentre si proclama liberale. Comunque, accordi locali si possono fare, se i programmi sono chiari. Certo che quell'uscita di Genchi...».
 
L'esperto di intercettazioni che ha sostenuto l'infondatezza dell'attentato a Berlusconi?
«Lui. Fa venire i brividi pensare che a certi personaggi, peraltro strapagati, sia affidata la giustizia italiana e che da questi dipenda la dignità dei cittadini...».
 
Il Pd resta il vostro migliore alleato per le politiche?
«Niente contro il Pd. Noi non ci alleiamo con la destra».
 
E' difficile credere che Bersani avrà la forza per affrontare il confronto con la maggioranza sulle riforme, e voi?
«E' vero, se solo Bersani si azzardasse ad aprire il dialogo con la maggioranza, gli ultrà del Pd lo fulminerebbero. Ma da aprile ci sarà un cambiamento profondo. Se la Lega vincerà al Nord, sarà interesse di Berlusconi non farsi ingabbiare dai lumbard, e riaprire un confronto costruttivo sulle priorità per l'economia in crisi e la disoccupazione in crescita. Noi saremo pronti in parlamento con le nostre proposte. Se invece il Pdl si arroccherà, prevedo che difficilmente Fini accetterà un asse Berlusconi-Lega».
 
A proposito di Lega, sull'immigrazione lei ha criticato la sinistra...
«Gli italiani sono presi in una tenaglia tra la Lega che soffia sulle loro paure e la sinistra che chiude gli occhi e dice 'siamo tutti clandestini'. La verità è che esiste un Islam che rifiuta l'integrazione e che mai accetterà la parità uomo donna. Negarlo, non serve a risolvere il problema: per questo sono favorevole alla cittadinanza e al permesso di soggiorno a punti...».
 
Parliamo di Giustizia: condivide la posizione di chi considera il legittimo impedimento un male necessario?
«Vorrei imboccare la via maestra: buone riforme della giustizia per tutti, e garanzia da parte delle opposizioni che rifiuteranno la clava giudiziaria verso il premier. Finora, le leggi ad personam non hanno cavato un ragno dal buco e hanno contribuito a paralizzare una giustizia ormai da Terzo mondo. Se cambia l'agenda della giustizia, anche la magistratura di sinistra militante non potrà forzare la mano».
 
Come valuta la querelle tra governo e Fiat sugli incentivi e sulla chiusura degli impianti improduttivi?
«Va tutelata l'occupazione, ma vanno smessi gli incentivi per le industrie senza futuro. E bisogna decidere dove l'Italia vuole investire per la produzione e il lavoro. Chiediamo al governo precise priorità: alleggerire e semplificare il fisco, ambiente, tecnologia, ricerca. infrastrutture. Mi preoccupa un'azienda con mille lavoratori che chiude. Ma molto di più le 100mila piccole imprese che muoiono in silenzio. Anzi, le propongo un nuovo neologismo: non più Pmi, cioè Piccole e medie imprese, ma Ppi, Piccole e piccolissime imprese. Quelle che né lo Stato né i sindacati tutelano».
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