Terzo polo ultima speranza anti-Berlusconi
Intervista su La Stampa di Carlo Bertini
La proposta del leader Api
Rutelli, lei e Casini puntate tutto su un terzo polo. Fini giura di non voler fare un nuovo partito. Bisogna credergli?
E' vero che i due temi sono collegati. Il terzo polo è l'unica speranza che ha l'Italia, altrimenti la partita si gioca interamente nel campo di centrodestra, che interpreta i due ruoli di maggioranza e opposizione. Da un attacco a quattro punte con Casini e Fini, sono passati a due punte, Berlusconi-Bossi, con l'azionariato della Lega decisivo, il che porterebbe ad una frattura del Paese con la nascita rovinosa di un partito del Sud. Il fatto che Fini per ora stia lì, a testimoniare una posizione di minoranza, è uno sviluppo inevitabile della situazione. E' successo esattamente quanto previsto prima delle elezioni.
Allora faccia una previsione sulle prossime mosse di Fini.
Prevedo un periodo in cui riaffermerà i suoi temi, ma non strapperà nel breve termine.
Ritiene che Fini non sia ancora pronto a dar vita a quel partito della nazione che lei e Casini volete fondare?
Inutile parlarne in laboratorio. Non mi pare che Fini stia lavorando nell’ombra. Comunque, non bisogna avere fretta, perché la vera novità che si attendono gli italiani non risiede solo nella carta di identità dei suoi artefici. Ma nella capacità di dire quali sono le cose da cambiare e da risolvere. Certo, avere una classe dirigente rispettabile è la base, ma il punto centrale sono le idee. Quando parlaimo di terzo polo, ci riferiamo a una cosa che non c’è ancora e che non può essere dipinto con le categorie attuali. Può nascere solo da una sfida sui contenuti.
E come dipingerebbe questo terzo polo, eliminando dal disegno i volti dei suoi possibili leader?
Come una formazione portatrice di un pensiero nuovo, basato su un’idea nazionale: l’autonomia dei territori non va contro l’unità del Paese. va fermato il dominio delle ali estreme in questo bipolarismo malato. Nei prossimi due mesi presenteremo come ApI un’agenda chiara in sei punti per incalzare il governo, ma anche una sinistra confusa: legge elettorale con il sistema tedesco che elimini l’anomali italiana del premio di maggioranza; un’alleanza con le professioni per una riforma del fisco, condivisa anche da partite Iva ed autonomi, che faccia emergere il sommerso; giustizia, per superare le barricate tra leggi ad personam e giustizialismo; ecologia, per uscire dalla tenaglia tra ambientalismo del no ed eco scetticismo della destra; un federalismo con i conti che tornano, correggendo le storture nelle competenze tra Stato e regioni. Infine lavoro, con una riforma dei contratti che restituisca dignità agli ‘invisibili’.
Ma aldilà del merito, non le sembra che le urne abbiano dimostrato che i centristi hanno scarso appeal?
E l’astensione come va letta? C’è un 35% di elettori che hanno rifiutato l’offerta esistente. Luca Ricolfi sul vostro giornale ha spiegato che storicamente abbiamo avuto un centro moderato e meridionalista e un centro più radicale al Nord che vuole riforme. Concordo in pieno. E la nostra sfida è proprio mettere in campo una forza così larga da mettere insieme queste due prospettive, per superare il vizio d’origine che ha la destra dal ’94. e segnalo che nelle Regioni dove eravamo presenti, Marche, Basilicata, Campania e Calabria, sommando il voto ApI e Udc si ottiene una media dell’11%, un dato certo incoraggiante.