FRANCESCO RUTELLI

Intervista a Famiglia Cristiana

«Ho portato via idee non consonanti», dice. Spiegando come e con chi intende «occuparsi in modo strategico» del Paese. Questo Pd non gli piace e lui se ne va. Non è perché c'è Bersani e non c'è Franceschini. Per il senatore Francesco Rutelli il problema non è quello. Conta piuttosto il fatto, dice, che fin qui è mancata la possibilità «di occuparsi in modo strategico dell'Italia». La scelta di Rutelli, padre nobile della Margherita, può sorprendere, ma lui spiega che non l'ha maturata adesso né da solo. Per capire, basta leggere La svolta, il suo libro edito da Marsilio, dove racconta con amarezza di un Paese che non gli piace. Lo ha scritto quest'estate, prima delle primarie, prima della vittoria di Pierluigi Bersani

Senatore, perché se va?
«Perché hanno vinto il corporativismo e il vecchio collateralismo, che intreccia i corpi sociali e il partito, come accadeva una volta tra Pci, Cgil e cooperative. E perché ho visto il panico per la crescita del pluralismo interno».

Quando ha cominciato a pensarci?
«Il 20 giugno, a Levico. C'eravamo il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, Tabacci e io».

Sapevate che sarebbe finita così?
«Temevamo che il Pd sarebbe diventato un partito protosocialista. O postcomunista, se preferisce».

Lei si sentiva d'intralcio?
«No, credo di no. A nessuno faceva dispiacere di tenermi come un buon suppellettile sul comò».

Però ha tolto il disturbo...
«Ho portato via idee non consonanti».

Se l'avesse spuntata Franceschini, lei sarebbe rimasto nel Pd?
«Dario non avrebbe mai vinto. Anzi la sua svolta movimentista ha rafforzato la propensione interna al Pd di mettere ordine e di riprendere il percorso inverso: Ds, Pds, Pci. Ecco perché parlo di protosocialismo».

Altri cattolici come Rosy Bindi ed Enrico Letta sono rimasti. Sbagliano?
«Rispetto la loro scelta. Ma rischiano di fare la fine degli indipendenti di sinistra nel Pci, ottimi intellettuali, ma in realtà suppellettili sul comò».

Lei farà un partito cattolico?
«Basta con questi schemi. I politici che sono cattolici, o meglio i cattolici che fanno politica, non sono "indiani" o strani personaggi da tenere vicino, né sono una sorta di pedaggio da pagare ai vescovi, per tenere buone le gerarchie. Ma neppure accetto che "progressista" sia sinonimo di oblio dei valori di ogni esperienza religiosa. Noi non facciamo un partito cattolico e nemmeno vogliamo rafforzare l'attuale Udc».

E allora che cosa volete costruire?
«Un'offerta politica: liberale, democratica, popolare, contro il populismo di destra e di sinistra - quello di Di Pietro o di Grillo per intenderci -, e contro le derive xenofobe della Lega. Vogliamo che il Paese non venga costruito sul rancore, sul giustizialismo. Chi è d'accordo venga con noi, cattolici e laici».

Cosa teme?
«Un'Italia disgregata, con la Lega che approfitterà della debolezza crescente di Berlusconi, la nascita del partito del Sud e un orizzonte politico occupato da caudilli urlanti a destra e a sinistra».

Invece?
«Bisogna essere popolari e non populisti e lavorare per una società più unita, più operosa, meno cattiva, più responsabile gli uni degli altri. Insomma la politica deve intercettare e rappresentare i sentimenti genuini di questo popolo, che non vuole una democrazia mediatico-plebiscitaria».

Il modello è quello trentino di Dellai?
«Osservo che il modello trentino ha funzionato, ha arginato il populismo della destra e della Lega».

Perché è al Centro che si governa?
«Governa chi riporta il baricentro della politica in una posizione che mette insieme equilibrio e innovazione. Chi sceglie di spostarsi a sinistra o a destra e subisce il ricatto delle forze estreme non assolve all'impegno».

Come deve essere un buon politico?
«Onesto, senza macchie, mai intollerante. E popolano, capace di creare percorsi di sintesi, piuttosto che ingegnarsi a organizzare barricate, come è accaduto in questi anni su molti temi sensibili come i Dico, la fecondazione artificiale, il testamento biologico. Una laicità senza intolleranze. Ma è uno sforzo che deve valere per ogni questione».

Farete un partito?
«Vedremo. Per ora discutiamo e puntiamo a collegare molte energie. Non nascondo il sogno che da questo cammino possa nascere la prima forza politica del Paese».

Qualcuno dice che è l'ultima giravolta di Francesco Rutelli.
«Ho iniziato a fare politica con i radicali 30 anni fa. In quegli anni Roberto Maroni era di Avanguardia operaia, adesso sta con Berlusconi. Franco Frattini aveva aderito al Manifesto, era socialista e ora sta anche lui con Berlusconi. Ignazio La Russa era fascista. Chi è nel Pd ha cambiato almeno quattro partiti. Confrontiamoci, per favore, sul contributo che ognuno può oggi dare all'Italia».

Alberto Bobbio per Famiglia Cristiana

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