Lettera alla Stampa: «Cultura e turismo, a un passo dal suicidio»
Caro direttore,
l'Italia ha due leve speciali da muovere contro la crisi economica: cultura e turismo. Ma le sta bloccando, ed è una scelta suicida. Propongo tre iniziative per cambiare strada. Sia chiaro: non vanno unificate le politiche per la cultura e quelle per la promozione dell'industria turistica, che hanno natura ed esigenze differenti. Patrimonio, spettacolo e industrie culturali possono formare una potente sinergia con le industrie turistiche; dare risultati economici e occupazionali molto più rapidi, in tempo di crisi, rispetto ad altri comparti; terminata la crisi, riportare l'Italia all'eccellenza mondiale.
Il sostegno al turismo può avere effetto anticiclico. Le riduzioni di prezzo negli alberghi stanno già ottenendo alcuni risultati positivi (in montagna e nelle città d'arte, ma anche nelle previsioni del balneare) per la competitività della nostra offerta, negli ultimi anni in declino rispetto alla concorrenza straniera. La cosa più urgente è organizzare il turismo interno - i weekend all'estero vengono ridimensionati - e incentivare gli italiani a fare più vacanze in Italia.
Nei maggiori paesi europei, la crisi induce a frequentare maggiormente cinema, musei, eventi culturali. Ma nel nostro paese è iniziata una crisi nera per la cultura. I tagli drastici al bilancio statale provocheranno in due-tre anni una caduta verticale dei servizi, delle aperture dei musei, dei restauri, della qualità della gestione e manutenzione del patrimonio.
Va onestamente detto che la situazione non era florida con il nostro governo (il bilancio per Beni e attività culturali era pari allo 0,28% del Pil nel 2008); ma avevamo ripristinato le risorse tagliate in precedenza e varato riforme strutturali, come l'innovazione del tax credit e tax shelter per i finanziamenti al cinema, e il nuovo Codice del Paesaggio. In questa Legislatura, la crescita programmata delle risorse è stata rovesciata in tagli terrificanti, che coinvolgono il patrimonio, lo spettacolo, la produzione, per circa 1.400 milioni di euro nel triennio (solo la tutela ha le risorse ridotte per oltre un terzo nel 2009). Qualcuno dice: più che i quattrini pubblici, occorre stimolare quelli privati. Ma finora sono chiacchiere, e neppure un centesimo in più arriva da fonti private: la crisi economica riduce le sponsorizzazioni; nessun nuovo incentivo o defiscalizzazione viene messo in campo dal governo. Peggio: gli enti locali si trovano a dover ridurre i bilanci della cultura, mentre gli investimenti per quasi 1 miliardo di euro in cultura e turismo previsti nel Quadro Comunitario 2007-2013 restano bloccati.
Vengo alle proposte.
1) Il settore del turismo ha bisogno di una riforma istituzionale-organizzativa che permetta una strategia competitiva nazionale. Non la si farà mai con venti regioni che hanno la competenza costituzionale esclusiva e venti strategie separate; con lo Stato che investe pochi soldi (anche qui, il governo Prodi aveva raddoppiato le pur magre risorse). Restando le competenze attuali, affidarle nel governo a un vicepremier, un sottosegretario oppure un ministro non farebbe gran differenza. Per voltare pagina, ci vuole un accordo semplice: una modifica costituzionale di una sola riga - ho presentato da tempo la proposta in Senato - che consenta alle regioni di continuare a gestire i progetti di sviluppo, ma allo Stato di dettare la strategia nazionale. Con la crisi, e l'egoismo dei territori, i paesi competitori ci mangeranno vivi. E il taglio dei prezzi da parte degli albergatori - con l'Iva che resta troppo alta - sarà pagato inevitabilmente con decine di migliaia di posti di lavoro in meno.
2) Il mio garbato successore alla Cultura Bondi decida: se vuol fare il coordinatore del PdL e il ministro, e riesce così a conquistare più mezzi per la cultura, bene. Ma se dedica meno tempo al ministero e non ottiene un euro in più, non vedo il vantaggio. Certo: un mandato di Legislatura può consentire buoni risultati organizzativi anche con risorse scarse; non certo con risorse (anche umane) falcidiate. Si può pensare a molte cose: un sistema di prenotazione unificato dei musei,
tariffe differenziate (per orari, visite guidate e servizi «personalizzati»), un programma integrato per le città d'arte minori (oggi più danneggiate dalla crisi), una programmazione meglio coordinata di mostre e spettacoli. A un piano di incentivo - non di assistenza! - per la creazione di piccole cooperative per la prestazione di servizi nell'ambito del turismo culturale.
3) Infine: si prepari e si convochi una Conferenza nazionale per lo sviluppo del turismo e dell'economia della cultura. Un confronto costruttivo cui le opposizioni parlamentari non mancherebbero di contribuire. In questi comparti - integrati con la tutela del paesaggio e del mare, la promozione delle produzioni del territorio, cibi e vini in testa, i parchi, il termalismo, il benessere - possiamo tornare leader nel mondo.
Se c'è una strategia credibile, è un'opportunità rara di sviluppo economico, sociale e civile, di occupazione stabile; e di motivazione a far conoscere meglio l'Italia agli italiani. Oggi stiamo galoppando all'indietro. Facciamo tesoro della crisi per riprendere la direzione giusta.
La lettera alla Stampa - 27 aprile 2009