FRANCESCO RUTELLI

Discussione sulle dimissioni presentate dal senatore Nicola Di Girolamo

Intervento al Senato di Francesco Rutelli

Signor Presidente, apprezzo che lei sia presente in Aula, perché questo dibattito è rilevante per il Senato e per i suoi componenti.
 
Credo che noi oggi dobbiamo, signor Presidente, fare ammenda come istituzione della vicenda precedente, ovverosia di quell'artificio che ingloriosamente fu adottato quando ci siamo occupati precedentemente dell'eleggibilità  del senatore Di Girolamo. Credo sia stata un'espressione di partigianeria, signor Presidente. Credo che si sia trattato di una pagina non positiva per il Senato e penso che l'occasione odierna, anche se non ha preso il binario giusto dal punto di vista formale, può portarci nuovamente sul binario giusto.
 
Signor Presidente, vorrei svolgere nell'Aula alcune riflessioni, che sono innanzi tutto rivolte, se me lo consente, al Presidente del Senato in quanto autorità  che garantisce a sua volta l'autorità del Senato. Vede, signor Presidente, il vento in politica cambia frequentemente e le circostanze nelle quali delle maggioranze politiche si reputano forti o addirittura blindate possono mutare.
 
Non mi auguro che nel nostro Paese ritornino le condizioni che abbiamo conosciuto in altre stagioni politiche e proprio per questo mi auguro che sappiamo distinguere nelle decisioni istituzionali, fatta la tara della passione politica dello schieramento, la partigianeria politica dalle esigenze delle istituzioni.
 
In questo caso penso che quando il Senato si trovò di fronte - mi si passi l'espressione - alla falsa alternativa, se cioè arrestare un collega oppure dichiararlo decaduto, noi scegliemmo la strada sbagliata. Ci trovammo, cioè, a dover scegliere in merito all'arresto - e io votai contro l'arresto - ma avevamo votato a favore della decadenza, perché erano evidenti già allora le condizioni della ineleggibilità del collega Di Girolamo.
 
Signor Presidente, oggi ci troviamo in una condizione che ci suggerisce di ritornare su quella fase della vita parlamentare, non solo per lasciarlo agli atti del Parlamento e nei verbali della nostra Assemblea. Il senatore Augello, ora passato ad un incarico di Governo, in un'intervista rilasciata pochi giorni fa ha ricordato quella vicenda e il suo dissenso; ha ricordato anche il suo aspro dissenso con il Presidente del Gruppo PdL, senatore Gasparri, ora non presente in Aula.
 
Mi richiamo alla sua intervista, a quello che lui definisce un conflitto notevole con il mio Capogruppo, quel giorno e in quelli precedenti, richiamando per parte sua, il senatore Augello, la coerenza della posizione che aveva preso con il senatore Follini in seno alla Giunta competente che non si è sentito, assieme ad alcuni altri colleghi, di sconfessare poi in un voto d'Aula e per l'appunto, Presidente, rispondeva ad una istanza partigiana, ad una decisione politica; una maggioranza che si sente forte blinda un suo esponente, non se la sente di prendere atto del fatto che un'istanza giuridico-regolamentare è invece fondata e conviene, anziché fare una battaglia pro o contro l'arresto di un collega senatore, fare una battaglia per constatare invece le condizioni della sua ineleggibilità.
 
Signor Presidente, questa riflessione oggi non voglio farla con riferimento alla vicenda giudiziaria. Dobbiamo recare rispetto all'azione della magistratura e anche alla decisione del collega Di Girolamo che a tale procedimento si è affidato, si è rimesso, rinunciando al proprio mandato parlamentare. Dunque in quest'Aula non dobbiamo intervenire, a mio modo di vedere (ciascun collega interviene nel modo migliore che crede), su questa materia, ma sulle prerogative del Senato e anche sulla vicenda della legge per l'elezione dei rappresentanti degli italiani all'estero. Lo hanno fatto alcuni colleghi e altri credo che lo faranno, e non è questa soltanto la circostanza in cui lo potremo fare, però carissimi colleghi, signor Presidente, è evidente che quella legge non solo zoppica, ma ha dimostrato tutte le sue falle.
 
Infatti in realtà il Parlamento e le diverse maggioranze parlamentari, tutti noi ci siamo presi la responsabilità di varare una normativa sul diritto di voto degli italiani all'estero corrispondente ad una aspettativa, in particolare propugnata molto onorevolmente dal collega Tremaglia, che era fondata su un dibattito iniziato cinquant'anni fa. La natura e l'organizzazione del voto degli italiani all'estero risponde ad un'impostazione vecchia, iniziata cinquant'anni fa, che rispondeva ad un'esigenza giusta, che è stata declinata - come dicevo - in modo fallace dal punto di vista normativo ed organizzativo, ma fondamentalmente vecchia nell'interpretazione della natura e degli interessi delle nostre comunità all'estero; il che è stato anche dimostrato in parte dall'esito di alcuni passaggi elettorali.
 
È evidente, colleghi, che quello che oggi dobbiamo fare, più che ritoccare questa legge (lo dico ai colleghi che generosamente in quest'Aula, rappresentando le nostre comunità all'estero, compiono una grande fatica e ad essi va la nostra riconoscenza, non l'ironia di cui spesso sono destinatari per il fatto che sono pendolari in circoscrizioni impossibili - pensiamo alla circoscrizione che unisce l'Africa, il Medio Oriente, l'Antartide, l'Asia e l'Oceania - che è modalità democratica di elezione, purtroppo, perché ormai è la realtà che è cambiata; noi affrontiamo la problematica degli italiani all'estero come se fossimo in pieno '900), è riorganizzare i CGIE, dobbiamo riorganizzare le camere di commercio, cioè la rappresentanza economica, dobbiamo riorganizzare gli istituti di cultura ed i corsi di formazione. Il problema che si pone è propriamente quello democratico per una grande Nazione, signor Presidente, di circa 60 milioni di abitanti che ha molte decine di milioni di connazionali nel mondo; ne siamo profondamente orgogliosi, li vogliamo far partecipare alla vita della nostra Nazione, partecipare alle elezioni democratiche che producono la formazione del Parlamento della Repubblica. Non ci possiamo più nascondere dalla realtà che il diritto di voto può andare, Presidente, a nostri connazionali che non parlano la lingua italiana?
 
Quanti sono gli elettori riconosciuti che non possono partecipare democraticamente alla formazione del consenso perché non parlano la lingua italiana? Vogliamo affrontare questo argomento? Prescindiamo, però, dal tema di fondo, colleghi, che è alla base della democrazia, ossia no taxation without representation. Si può non pagare le tasse e votare? È un tema, ovviamente, che ha bisogno di una soluzione generale.
 
La mia conclusione, Presidente, riguarda due punti. Per quanto concerne il primo, il mal costume politico è legato al fatto che alcune persone si candidano non avendo le prerogative stabilite dalla legge. Presidente, mi permetto di fare una riflessione che rivolgo all'Aula. Quando sarà cambiato il vento - come è cambiato nell'ultimo anno e mezzo, alla luce di questa inchiesta di enorme rilevanza - siete sicuri che alcune scelte che si fanno dal punto di vista etico, politico e istituzionale in quest'Aula rimarranno intatte?
 
Presidente, ricordo che un senatore che si chiama Di Girolamo - si tratta di un omonimo - nostro collega ternano, si è dimesso dopo essere stato eletto sindaco. Penso che una riflessione di questo tipo, ovverosia sul sistema di credibilità di questo ramo del Parlamento, debba fare oggi anche chi - premetto che nutro sentimenti di stima e simpatia nei suoi confronti - come il senatore Castelli si candida sindaco della sua città pur essendo vice ministro e nostro collega senatore. Alla Camera dei deputati un suo componente, il deputato Molgora, è contemporaneamente anche Presidente della Provincia di Brescia e Sottosegretario all'economia.
 
Presidente, il sistema delle incompatibilità reali nel rapporto con la nostra cittadinanza deve fare parte della modalità con cui quest'Aula gestisce i rapporti dell'istituzione con la politica, ma anche dell'istituzione con l'opinione pubblica e con i fondamenti di una lealtà verso le istituzioni di cui tutti noi, pur nelle difficoltà che conosciamo, dobbiamo essere portatori.
 
Allora concludo, Presidente, rivolgendomi a lei con grande rispetto e grande fiducia. Il Parlamento ha bisogno, in entrambi i lati di questa Aula, di dismettere non la passione politica e la divisione sui grandi temi che ci contrappongono in politica, bensì la partigianeria. La pagina che abbiamo conosciuto con la precedente falsa alternativa tra decadenza o arresto del collega Di Girolamo è stata di partigianeria politica e non di dignità della nostra Aula.
 
Preannunciando di sottoscrivere l'ordine del giorno del collega D'Alia assieme ad altri senatori, Presidente, anche attraverso un suo personale, politico e istituzionale intervento, dobbiamo tornare indietro rispetto a questa pagina non brillante - un artificio determinato da una maggioranza che si sentiva certa - e cancellarla.
 
Nelle liste degli italiani all'estero vedo un nome di un candidato dell'America meridionale alla Camera dei deputati. Non so se si tratta di un omonimo e quindi chiedo di verificarlo. Mi riferisco ad Andrini Stefano, il quale non è stato eletto ma è stato candidato in America latina. Vorrei sapere se si tratta per caso della stessa persona che è stata nominata nel Comune di Roma responsabile di una delle più importanti aziende della nettezza urbana. Chi ha messo i candidati nelle liste? Come è stato possibile che alcuni candidati che palesemente non risiedono stabilmente all'estero siano stati candidati? Che cosa è accaduto? Quali gruppi sono intervenuti nella formazione delle liste?
 
Chi sono queste persone? Cosa sta emergendo in queste indagini? Signor Presidente, si tratta di un omonimo o è la stessa persona che ho ipotizzato poc'anzi?
 
Penso che da questa vicenda si possa uscire positivamente solo se il Senato fa marcia indietro rispetto a quella pagina. Riconosciamo al senatore di Girolamo la dignità del suo gesto di oggi; affidiamo alla magistratura la decisione di accertare le gravissime circostanze su cui l'inchiesta si sta sviluppando, ma salviamo il Senato della Repubblica nella sua capacità di discernere, signor Presidente, tra un momento in cui la maggioranza si blinda ciecamente e un momento in cui, invece - e spero che da oggi ci muoveremo in questa direzione - sarà sempre e solo l'interesse dell'istituzione, anche se scomodo, per la nostra parte o per un'altra, decidere a tutela dell'istituzione. Lei è garante di questo ed io le rinnovo la fiducia perché in questa direzione lei guidi il Senato della Repubblica.
 
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