Intervista al Corriere della Sera: «La manovra non basta, servono misure strutturali»
"Questa manovra finanziaria non basterà. Se Germania e Francia fanno interventi molto più forti, avendo un debito molto più basso, vuoi dire che l'Italia potrebbe ritrovarsi nel mirino degli speculatori".
Quindi, secondo lei, ci vorrà un supplemento dl sacrifici?
"Tremonti aveva promesso: niente più manovre. Ma in meno di un anno ne ha fatte tre per 43 miliardi. Consiglio di agire subito, altrimenti si dovrà fare durante l'iter parlamentare di questa manovra. O poco dopo". Francesco Rutelli, presidente dell'Alleanza per l'Italia, dice che siamo di fronte a un'occasione perduta, che occorreva fare un'operazione strutturale, puntare tutto sul ritorno alla crescita, come ha dello ieri Emma Marcegaglia. Nella sua idea, i passaggi dovrebbero essere tre: tagli, nuove entrate, riforme.
Quali tagli?
"Innanzitutto, i costi della politica. Quello che è stato fatto è una carezza. In un momento come questo la classe politica deve essere in prima linea. Il governo Prodi - io ero vicepremier - tagliò le indennità dei ministri del 30 per cento e mise un tetto di 3oo euro ai doni ricevuti. Questa norma fu immediatamente cancellata dal governo Berlusconi".
Altre misure?
"Nei casi di corruzione definitivamente accertata, confisca a politici e amministratori del maltolto. Come per la grande criminalità".
Eliminerebbe tutte le Province?
"Penso si possano eliminare le Province metropolitane, che non hanno più funzioni sostanziali, mentre salverei quelle di montagna, che svolgono un servizio per i piccoli Comuni. Se ne possono abolire subito circa un terzo".
E le nuove entrate?
"Per finanziare opere pubbliche che creino occupazione e miglioramenti ambientali si dovrebbe ritornare sui patrimoni rientrati con lo scudo fiscale. Solo un tre per cento di tassazione frutterebbe circa tre miliardi".
Il grande problema è sempre l'evasione fiscale...
"Farei un patto con le categorie professionali. Non provvedimenti dall'alto, ma un accordo, in particolare con i commercialisti, per far emergere una quota di quel quarto di Pil che resta sommerso. Poi introdurrei la cedolare secca (un 20 per cento uguale per tutti) sugli affitti. Così riemergerebbero alcuni miliardi di euro".
Veniamo alle riforme
"Innanzitutto, mettiamo un freno al federalismo fiscale, finché non abbiamo la certezza che non aumenti costi e centri di spesa. Trovo molto pericoloso li federalismo demaniale, molti enti locali useranno i beni solo per fare cassa".
Meglio lasciare tutto allo Stato?
"Da ministro per i Beni culturali ho toccato con mano le gravi minacce al paesaggio italiano. Su alcuni punti dovremmo tornare indietro rispetto al Titolo V della Costituzione, che fu cambiato dal centrosinistra:riportare all'amministrazione centrale il controllo sull'energia e sulle grandi reti. Toglierei anche alle Regioni la competenza sulle pensioni
d'invalidità. loro le erogano e lo Stato paga. E occorre una strategia nazionale unitaria per il turismo".
Parliamo di riforme da fare?
"Ho già detto del fisco. Poi, l'opposizione deve avere il coraggio di votare la riforma dell'università del ministro Gelmini. Io lo farò se accoglierà tre proposte innovative, che presenteremo in Senato. Poi superata la boa esplosiva delle intercettazioni la giustizia civile e il processo penale, con un confronto positivo fra maggioranza e opposizione. Ancora, riprendere il cammino delle liberalizzazioni. Infine, formare nuove leve nella Pubblica amministrazione".
Se non ci sarà un piano strutturale, cosa può accadere?
"Ho paura che finirà tutto con un nuovo mega-condono edilizio, intollerabile scorciatoia per fare cassa velocemente".
di Andrea Garibaldi per il Corriere della Sera