FRANCESCO RUTELLI

Riforma dell'Università: l'intervento di Francesco Rutelli al Senato

Signora Presidente, questo è un momento significativo della nostra attività parlamentare perché certamente il Governo ha presentato un significativo disegno di legge di riforma, in un testo che ha conosciuto una significativa, profonda serie di modificazioni in sede parlamentare.
Di questo va dato atto alla Commissione, di cui saluto il Presidente, e in particolare al relatore, senatore Valditara, che ha svolto un lavoro certamente apprezzabile e prezioso. Vorrei sottolineare che questa circostanza non è frequente nella nostra Assemblea, se non in due casi - ne cito solo due - importanti di discussione parlamentare, uno che risale a poco più di un anno fa e relativo alla discussione sulla normativa relativa al cosiddetto fine vita, approvata a tamburo battente nella convinzione che dovesse essere immodificabile ed ormai avviata ad un'approvazione estremamente rapida presso l'altro ramo del Parlamento e che invece risulta dispersa non si sa bene neanche dove, e l'altro più recente relativo alla discussione sulle intercettazioni.


Nell'Aula del Senato affrontammo una materia che apparve immodificabile dopo l'ultima delle correzioni apportate dalla maggioranza e che invece, come ben si vede, è stata immediatamente definita non un tabù dai membri del Governo non appena approdata nell'altro ramo del Parlamento e largamente modificata, come si sta accadendo a più riprese presso la Camera dei deputati.
Mi richiamo quindi, signora Presidente, anche a questo tipo di considerazioni, che riguardano la qualità e, se posso dire così, anche la dignità del nostro lavoro parlamentare. Non tocca a chi come me siede nei banchi dell'opposizione qualificare la bontà del processo legislativo e dei suoi esiti (è un'opinione politica, ognuno di voi avrà la sua), ma come senatori della Repubblica possiamo mettere in rilievo il contributo del Senato della Repubblica. In questo caso penso si possa dire che la pagina che si è aperta con la discussione generale, e tra poco con l'esame degli emendamenti, sia importante proprio per la vita del Senato; perché il Senato può trasformare quella che certamente era una riforma significativa in un testo di valori. Dunque, in questo caso il Parlamento e l'Assemblea fanno il loro dovere di organo legislativo, di ascolto delle posizioni e di costruzione delle soluzioni.
Ora, è il caso di dare un giudizio sulla riforma senza darlo sulle risorse disponibili (questo è un punto rilevante del dibattito che attraversa in particolare le forze dell'opposizione), oppure dobbiamo dare un giudizio sulla riforma prescindendo dall'entità delle risorse disponibili? È evidente, signor Ministro, che le due cose si tengono, ma penso sia innanzi tutto utile giudicare la riforma come viene presentata in questa Aula.
La riforma ha aspetti certamente positivi: la sua direzione di marcia va verso la valutazione (assolutamente indispensabile al nostro sistema universitario) e contiene elementi qualificanti di valorizzazione del merito e una capacità potenziale di far emergere i talenti, spesso inespressi, nell'ambito del nostro sistema universitario.
Nel corso della sua visita all'inaugurazione della nuova sede della Scuola internazionale superiore di studi avanzati a Trieste, appena dieci giorni fa, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha fatto delle dichiarazioni molto impegnative che ci riguardano da vicino. Voglio essere chiaro: non amo l'utilizzo strumentale delle parole del Presidente della Repubblica; il senso della sua funzione è quello di esercitare un compito che sia il meno possibile sfruttabile a fini di parte. Credo tuttavia si debbano interpretare, questa volta coerentemente, le parole del Presidente della Repubblica a Trieste nell'utilità del nostro dibattito.
Il Presidente, ha infatti detto ai ragazzi ed ai docenti di Trieste: «Nessuno - anche e in modo particolare i giovani - di quanti operano e studiano nelle nostre università a qualsiasi livello può negare l'esigenza di una riforma. Noi abbiamo avuto, non nascondiamocelo, scelte discutibili e onerose, ad esempio di proliferazione delle sedi e di proliferazione dei corsi di laurea; abbiamo avuto fenomeni di disordine e inefficienza nella governance del nostro sistema universitario; a ciò deve porre riparo una legge di riforma che spinga il sistema universitario italiano verso livelli di produttività e competitività sempre più alti nel rapporto con gli altri Paesi europei e non soltanto europei». Ha detto poi il Presidente, e questo è stato forse il passaggio più politico istituzionale: «Vedete io conto, e conta il ministro Gelmini, sulla discussione nell'Assemblea del Senato della legge di riforma universitaria e penso, lo voglio dire apertamente, che legge di riforma e dotazione adeguata di risorse per il funzionamento dell'università e della ricerca siano due facce della stessa medaglia».
Onorevoli colleghi, oggi evidentemente non siamo chiamati a votare la legge finanziaria, non votiamo la manovra economica, che abbiamo votato non più tardi di una settimana fa, tuttavia le parole del Capo dello Stato non possono non interpretarsi nel senso che nel votare la riforma, nel dare il nostro giudizio sulla riforma (compito precipuo dell'Assemblea del Senato) non possiamo prescindere da quelle che ci attendiamo essere le dichiarazioni del Governo sulla possibilità di implementarla, di farla vivere attraverso l'esistenza di risorse sufficienti.
Riprendendo il celebre apologo, il celebre proverbio «dell'uovo e della gallina», non possiamo chiedere di avere prima le risorse per poi fare la riforma perché sarebbe sbagliato escludere una riorganizzazione del sistema universitario se contestualmente non sono appostate le risorse. Ma in ogni caso sarebbe impossibile prefigurare l'attuazione della riforma se tali risorse non fossero all'orizzonte e disponibili.
Questa peraltro è, se così posso dire, una delle componenti della dignità e dell'interesse del dibattito che stiamo svolgendo, del confronto che terremo in questa Aula, signor Ministro.
La valutazione circa la fattibilità o meno della riforma in esame, il voto finale sulla stessa - in questo caso mi esprimo come una delle componenti oppositrici alla riforma - dipenderà, in modo trasparente e laico, dall'esito dei voti dell'Aula e, dunque, dall'accoglimento di proposte indispensabili.
Ai sensi del Regolamento del Senato, mi accingo ora ad illustrare l'ordine del giorno G105, da me presentato insieme ai colleghi Franco Bruno e Giacinto Russo, il cui dispositivo recita così: «impegna il Governo a ripristinare, nell'ambito della prossima legge di stabilità, le risorse necessarie per il comparto, per un importo stimato pari ad 1,3 miliardi di euro per il 2011, al fine di consentire il regolare avvio dell'anno accademico, di superare l'attuale grave crisi finanziaria del settore e di assicurare l'efficacia implementazione della riforma».
Abbiamo presentato un numero limitato di emendamenti che non illustrerò adesso, ma voglio ricordare che il giudizio che esprimeremo al termine al termine dell'esame di questo provvedimento sul complesso dello stesso, signora Ministro, senatore Valditara e colleghi, sarà fortemente legato a quello che l'Aula avrà dato su alcuni tra i più qualificanti nostri emendamenti. Penso a quello che vuole rafforzare l'internazionalizzazione degli atenei, a quello che favorisce la mobilità interregionale di professori e ricercatori, penso a quello che consente agli assegnisti l'estensione della normativa sulla maternità ed il congedo per malattia, penso a quello che incrementa le erogazioni liberali a favore di università ed istituti di istruzione universitaria portandolo sino al cinque per cento perché è evidente che se vogliamo stabilire un rapporto virtuoso tra l'offerta e la domanda dobbiamo creare un meccanismo in base al quale il sistema dell'impresa possa investire sul mondo universitario in quanto esso fornisce la materia prima (laureati e specializzati) per la domanda che il sistema produttivo esprime.
Naturalmente, gli emendamenti cruciali sono quelli che riguardano le risorse, ma di questi ci occuperemo più in là e non vi è dubbio che quelli riguardanti il ripristino degli scatti per il 2011 per professori e ricercatori sia indispensabile.
Signor Presidente, come si fa a riconoscere - come è avvenuto in occasione dell'ultima manovra economica - le prerogative degli insegnanti delle scuole (come era doveroso), dei poliziotti e di tante altre categorie quanto agli scatti di stipendio e negarle proprio al mondo dell'università che si vuole legare ad una riforme così significativa.
Lo stesso vale, naturalmente, per i ricercatori. Noi riteniamo che si debbano aprire delle finestre credibili, che consentano ai professori associati, ai titolari dei contratti di senior track, attraverso la costituzione di un fondo di garanzia, di poter avere una reale opportunità di chiamata. Ho usato l'espressione senior track e mi permetto di dire che invece c'è un nostro emendamento che propone di togliere la parola performance da questo provvedimento. Finché ci sono parole internazionali che non hanno alternative nella nostra lingua, usiamole. (Applausi del senatore Livi Bacci). Ma quando ci sono parole italiane che assolvono perfettamente al compito svolto da parole inglesi, usiamole.
Qualcuno, magari per motivi connessi ad altri tipi di dibattito, lega la parola performance a "prestazioni", però la può certamente legare anche a "risultati"; forse la parola risultati può assorbire e costituire una efficace alternativa alla parola performance, che sarebbe meglio che riuscissimo a non far entrare nelle nostre pandette, almeno finché avremo delle parole equivalenti in lingua italiana, senza dover far ricorso all'Accademia della crusca, ma forse anche solo a buoni professori di liceo.
La mia conclusione è la seguente, signora Presidente e signora Ministro: penso che sia dovere e compito proprio del Parlamento lavorare per il miglioramento di un provvedimento così importante; penso sia compito e dovere politico di forze riformiste, di cercare di contribuire.
La ministro Gelmini sa che, al termine di questo esame, potrà avere il voto di una componente dell'opposizione (una componente piccola, certamente, e che è e resta con chiarezza all'opposizione) se e solo se le riflessioni poste dal Capo dello Stato fondamentalmente saranno accolte, ovverosia se sarà accolta la forte esigenza di legare questa riforma, su cui noi esprimiamo un giudizio d'ingresso abbastanza positivo, ad una certezza di disponibilità, senza le quali chiudono le università in autunno, non si aprono i corsi e non ci sono le condizioni basilari per operare, altro che per applicare questa riforma ragionevolmente al 2011.
Signora Presidente, la Merkel nei giorni scorsi ha assunto una decisione singolare: ha deciso di tagliare drasticamente, operando una riorganizzazione dei länder tedeschi e un ridimensionamento della spesa per una serie di enti ritenuti non indispensabili in quel grande Paese, per destinare 20 miliardi di euro ai settori della ricerca e dell'università. Non ci aspettiamo questo, però sappiamo che una riforma che certamente entra qui con limiti e difetti, che non è rivoluzionaria, può essere una buona riforma ed è senz'altro migliorativa dell'università italiana potrà uscire da quest'Aula anche come una riforma convincente. La parola, per una volta, è veramente lasciata all'Aula del Senato e noi confidiamo che la nostra Assemblea si comporti con lungimiranza, con ragionevolezza e capacità di ascolto reciproco tra le sue componenti.

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