Intervista sulla "Die Welt"
L'Italia è in crisi. L'UE mette sotto pressione il primo ministro Silvio Berlusconi che ha presentato misure di austerità. Berlusconi ha espresso la sua volontà di riformare la legislazione sul lavoro. Ora i sindacati minacciano di scioperare. Die Welt ha parlato con l'ex vice primo ministro Francesco Rutelli.
È infondata la preoccupazione che l'Italia potrebbe essere la nuova Grecia?
«Guardando ai dati economici del Paese, è infondata. Quanto a capacità produttiva l'Italia è il secondo paese in Europa dopo la Germania...».
Così dice Silvio Berlusconi
«L'Italia ha una notevole ricchezza privata. La dinamica economica è buona. Il confronto con la Grecia è quindi assurdo. Cosa c'è invece che va male: c'è in Italia una drammatica crisi politica di fiducia. Il debito è enorme, un nuovo governo dovrebbe ridurlo dal 120 ad almeno il 90 per cento. Ciò richiede un trattamento drastico che il governo Berlusconi - che ovviamente deve subire le conseguenze della crisi finanziaria globale - non è in grado di mettere in atto. Non voglio fare un elenco, ma solo sottolineare una cosa: la nostra amministrazione deve essere modernizzata, in particolare nel sud. Dobbiamo fare in modo che finalmente funzioni. E il mercato del lavoro deve essere più flessibile».
Quale governo potrebbe farcela?
«Una grande coalizione. Si dovrebbero unire le persone migliori nei due maggiori partiti, il Partito Democratico e il partito di Berlusconi. E il terzo polo, formato da Alleanza per l'Italia, il nuovo partito di Gianfranco Fini e i centristi dell'Udc di Pier Ferdinando Casini. Questo nostro polo potrebbe ottenere, secondo un'indagine di un paio di giorni fa, il 19 per cento. Abbiamo bisogno di un centro riformatore. E primo ministro dovrebbe essere una persona di grande autorevolezza, riconosciuta in tutta Europa».
Chi potrebbe essere?
«Non voglio fare nomi».
E come si potrebbe arrivare a questo nuovo governo?
«Ci sono due modi. O un governo di transizione per un anno...»
Berlusconi potrebbe essere della partita?
«Assolutamente no. Questa è una conditio sine qua non. Deve essere sfiduciato in Parlamento, o deve dimettersi. Un tempo godeva di un vasto sostegno, ma oggi la Confindustria, la Chiesa cattolica, l'opinione pubblica italiana e l'opinione pubblica internazionale sono tutte contro. Inoltre, l'accordo nel suo stesso campo si sta sgretolando giorno dopo giorno. Il secondo modo sarebbero nuove elezioni. L'Italia si trova ad affrontare uno sforzo enorme. Non possiamo più permetterci i conflitti degli ultimi anni».
Ma finora, il governo Berlusconi è sempre sopravvissuto.
«Adesso è diverso. Entrambi i leader della coalizione di governo, Berlusconi e Umberto Bossi della Lega Nord sono alla fine del loro percorso. La Lega implode, Bossi è malato e ha perso la sua autorità. Non si può andare avanti».
Pensate che Berlusconi se ne renda conto e si ritiri da solo?
«NO. Tantissime persone intorno a lui, tra cui alcuni collaboratori molto vicini, hanno cercato di convincerlo a ritirarsi. Ma invano. Non è evidentemente sua intenzione».
Hanno chiesto a Berlusconi dei sorrisi della signora Merkel e Sarkozy al vertice di Bruxelles. Che ne pensa?
«È stato molto sgradevole. Non si fa così nei confronti di un capo di governo di un paese, che è uno dei più grandi Stati europei e uno dei membri fondatori dell'Unione europea. Ma è anche a causa sua se Berlusconi è stato trattato così».
Merkel e Sarkozy sono ora alla guida della UE, sembrano agire in modo molto autocratico. Lo avverte?
«Penso che l'Europa debba continuare a seguire un approccio comunitario. La tragedia dell'Europa è che c'è una moneta comune, ma nessun coordinamento nella politica economica. È naturale che in tale situazione, la Germania sia in prima linea in Europa. E non c'è nulla da criticare, perché la Germania ha dato un buon esempio in Europa - con una sola eccezione: quando nel 2003 è stato fissato il limite del disavanzo del tre per cento, dando un cattivo esempio che adesso rimprovera agli altri. Con le riforme interne della agenda 2010, messe in atto dal governo Schroeder, e con l'abilità politica di Angela Merkel la Germania ha ribadito il suo ruolo di leadership in Europa. Adesso, lo stretto rapporto con Sarkozy è dovuto solo alla situazione attuale».
E dov'è in questa partita l'Italia?
«Una Italia riformata con un nuovo governo può essere un ottimo partner per l'ulteriore espansione dell'Europa e dell'Unione. L'Europa ha bisogno che l'Italia giochi davvero un ruolo importante, a partire dal Mediterraneo».
Quindi, un trio tedesco-francese-italiano in testa?
«No. Ma una Europa con più motori: Germania, Francia, Italia, Spagna forse - per non parlare della Polonia, che svolge un ruolo molto importante nella nuova Europa allargata. L'Europa ha bisogno di più centri di potere. E sarebbe sbagliato e dannoso, se l'Europa dell'Est e del Mediterraneo fossero escluse».
Negli anni 90 il vecchio sistema dei partiti è crollato in Italia. Perché non siete riusciti in quasi 20 anni a crearne stabilire uno nuovo e stabile?
«Questo ha a che fare con il fatto che non è stato possibile creare un sistema bipolare decente. Entrambi i campi, il centro-sinistra e centro-destra, sono stati sempre dipendenti dai loro rispettivi estremisti - da una parte l'estrema sinistra, con le sue idee bizzarre, dall'altra la Lega Nord di Bossi con il populismo. Pertanto, un terzo polo è diventato davvero necessario. Ho co-fondato il Partito Democratico e ne sono uscito, perché mi sono reso conto che non poteva riuscire a creare una nuova cultura politica. Vecchi metodi e correnti si ripresentano».
Il governo Berlusconi non è stato in grado di fare le riforme promesse in Parlamento, l'UE lo ha forzato. L'Italia è ancora uno stato sovrano?
«Non c'è nulla di nuovo in quello che è successo. Oggi abbiamo una moneta comune. E questo non può significare altro che questo: che cediamo sovranità. Solo così l'Europa potrà funzionare. E abbiamo bisogno di istituzioni politiche in Europa, proprio per il fatto che abbiamo una moneta comune. L'Europa deve fare un salto in avanti potente. Purtroppo non ci sono leader in vista, che possano garantirlo».
Si deve quindi andare verso gli Stati Uniti d'Europa?
«Sì, certo. Ma come una federazione di Stati, non come un superstato».