Intervista al Messaggero: «Sull'ambiente l'Italia non resti indietro»
Dopo vent'anni, onorevole Rutelli, lei ridà vita al Centro per il Futuro sostenibile e lancia una conferenza internazionale bipartisan sull'economia verde. Ci sono Casini, il Pd, esponenti Pdl e il ministro Prestigiacomo. Arriva persino il capo del centro studi cinese. L'ambientalismo negli Usa di Obama è d'attualità. Qui da noi molto meno, no?
«L'ecologia ha portato un grande cambiamento politico nei secondi anni 80, inclusa la nascita dei Verdi. Oggi, la sfida riguarda tutti i governi, tutti i partiti, in tutto il mondo. Quando, nell'89, fondammo il Centro per un Futuro Sostenibile, c'erano alcuni giovani dc come Casini, o pci come Chicco Testa, repubblicani come Galasso, socialisti, radicali, verdi. Oggi, il nostro impegno è più importante di allora: ma è vero, i cittadini sono meno attenti. Capiscono la gravità dei problemi, ma li sentono distanti».
«Guardi, c'è una grande novità, in questa crisi: i due maggiori paesi inquinatori - Cina e Stati Uniti - hanno cambiato approccio. Puntano, soprattutto gli Usa di Obama, sulle opportunità che possono venire da una svolta ambientale non solo per ridurre le emissioni di Co2, ma per puntare sulla crescita "verde" dell'economia. L'Italia deve partecipare a questa svolta, anche perché è tra i paesi più dipendenti al mondo dai combustibili fossili».
Il Pdl ha già messo in discussione il cambiamento climatico e le realtà del riscaldamento globale, con una mozione parlamentare. Se le cose stanno così come si muoverà il governo sui temi ambientali?
«Il governo è stato più prudente di certi politici della destra, anche perché il G8 a presidenza italiana non potrà che confermare l'impegno dei grandi paesi per l'ambiente e il clima. Ascolteremo domani la Prestigiacomo. Lavoriamo assieme a esponenti del centrodestra: non vogliamo che l'Italia resti indietro».
L'Italia presiederà al prossimo G8, e a fine anno ci sarà Copenaghen: da lì non si può scantonare.
«No, non si può scantonare. Per questo abbiamo invitato personalità dalla Cina, l'India, il Giappone, l'Europa e gli Stati Uniti. E abbiamo dato un'impostazione molto netta: "growing and greening the economy", ovvero far crescere le economie attraverso l'ambiente. Non seguiamo i fondamentalisti che puntano sulla decrescita per contrastare i cambiamenti climatici; non accettiamo il negazionismo della crisi ambientale. Avremo sempre più migranti e rifugiati a causa dei guasti ambientali».
Lunedì parteciperà alla conferenza a Montecitorio anche Anthony Giddens, il guru del New Labour di Blair. Cosa ha a che fare questo nel dibattito su quanto il Pd sia partito troppo di sinistra su economia e ambiente?
«È singolare, e promettente, che nel Regno Unito laburisti, conservatori e libdem si combattano su chi è più ambientalista. Giddens da alcuni anni si occupa prevalentemente di questo. Aveva visto giusto con la "Terza Via", credo abbia ragione anche adesso. E il Pd deve insistere nel porre il riformismo ecologico in cima alla sua agenda».
Molti sono i temi caldi. Uno è il ritorno al nucleare. Vi divide nel Pd?
«Non c'è un atteggiamento ideologico, ma pragmatico. Finora sono i numeri che non convincono: investimenti, tempi, resa economica, anche visti i costi della messa in sicurezza del ciclo nucleare. Giudicheremo in base a questo».
L'altro tema è il piano casa. Quali sono le sue condizioni e quali i paletti?
«Confermo quel che già dissi al Messaggero, attirandomi qualche critica non molto meditata. L'edilizia può essere per l'Italia una buona uscita di sicurezza in tempo di crisi. Ma a condizione di non ferire il Codice del Paesaggio; di puntare fondamentalmente a costruire - o demolire e ricostruire - nelle "aree grigie", ovvero nei territori già urbanizzati; di incentivare il rimpiazzo e l'adeguamento antisismico degli edifici; e di dare un'impronta molto forte di efficienza, risparmio e fonti rinnovabili con le nuove tecnologie per la sostenibilità degli edifici e l'autosufficienza energetica».
Obama ha puntato sull'ambiente come uno dei pilastri per uscire dalla crisi. Qui da noi i verdi non esistono più in Parlamento. Le Europee si avvicinano, che spazio politico c'è nel centro sinistra e a Strasburgo per questi temi?
«In Europa i Verdi esistono ancora solo in quei paesi, come la Germania, dove hanno scelto da sempre il riformismo di governo. Non posso dimenticare un mio viaggio a Francoforte, 15 anni fa, dove mi mostrarono con orgoglio il moderno inceneritore dei rifiuti che avevano costruito vincendo le elezioni. In Italia, il No sistematico ha invece spinto i Verdi verso un minoritarismo di estrema sinistra. E mi dispiace».
Il settore automobilistico è di fronte ad una rivoluzione: vincerà il modello Fiat-Gm oppure il "piccolo è bello" dell'indiana Tata che lancia la economicissima Nano?
«È giusto il consenso alla brillante scalata di Marchionne. E' anche un riconoscimento alla maggiore efficienza della tecnologia Fiat. Ma non esageriamo con l'entusiasmo: le incognite sono grandi, e i costi non saranno indifferenti».
Che effetto le fa vedere gli Stati Uniti che copiano il modello europeo, con Michelle Obama che pianta un orto alla Casa Bianca e il marito che lancia l'alta velocità delle ferrovie?
«È importante che il nostro Centro abbia promosso l'incontro di domani a Montecitorio proprio con il Center for American Progress, presieduto da John Podesta, che ha guidato il gruppo di transizione di Obama. Anche perché la prospettiva verso il summit di Copenhagen non è certo facile. La legge in discussione al Congresso americano deluderà alcuni entusiasti, perché fissa obiettivi graduali di riduzione delle emissioni inquinanti. Rispetto all'era Bush, è una rivoluzione. Ma anche noi dobbiamo accompagnare in questi cambiamenti i settori produttivi nazionali. La finestra è stretta: vogliamo creare nuovi posti di lavoro, non aggravare il deficit competitivo dell'Italia e sfruttare le occasioni di un'economia "verde" per il ritorno alla crescita dell'economia».
Il Messaggero, 17 maggio 2009