Intervento su Europa: «Mario che non scorderò»
Nessuno che l'abbia conosciuto potrà mai dimenticare Mario Di Carlo. Per nessuno, poteva passare inosservato.
Un politico, un amministratore, uno dei migliori ambientalisti italiani, da citare assieme a qualcun altro? No. L'unicità di Mario. La spigolosità, anche fisica. L'intelligenza, con cui si era fatto da solo, figlio di un netturbino, come ricordò orgogliosamente quando lo chiamammo a guidare l'azienda di tutti i netturbini della Capitale; molto di più: una delle principali aziende ambientali d'Italia.
Dunque, la sfida di passare, come direttore di Legambiente, dall'ecologismo alternativo" all'ecologismo di governo. Mai con banalità, scontatezza, prevedibilità. La lealtà congenita dell'appassionato di rugby. Dunque, oltre alla spigolosità, la ruvidità che si scambiava per arroganza, l'amore per la battuta lancinante, che si scambiava per cinismo. Ma anche la tenerezza, lo slancio poetico (ed artistico, coltivato con le sue mani). E l'incessante spirito innovatore.
Si può morire a vent'anni, anche se vivi fino a cento, come cantava Dalla. Ma l'unica certezza, che rende ancora più dolorosa la sua morte a 57 anni, è che Mario avrebbe saputo essere innovatore anche a cento, anche una volta ritiratosi dallo spazio pubblico. Quando ci siamo separati politicamente - io dichiarando chiusa e mai realmente iniziata l'esperienza del Pd - Mario Di Carlo mi ha dato una motivazione semplice, che ho apprezzato molto più di altre: «Alla fine, resto qui perché sono più di sinistra di te». Potrei dire molto, a questo proposito, e prima o poi, dialogando con altri che hanno condiviso le imprese dagli anni Novanta ad oggi, lo faremo. Ma quello che importa oggi, è ricordare i meriti unici - e dunque i difetti, assieme alle qualità straordinarie - di Mario.
"Solo lui avrebbe potuto coordinare nel '93 il programma elettorale della sfida che ci portò a guidare e cambiare Roma, a formare il gruppo dirigente e di governo più creativo e fattivo di questi vent'anni. A impastare la capacità amministrativa di ottenere risultati con visioni e convinzioni ideali.
E così avrebbe proseguito il suo cammino nel decennio successivo. Un senso politico che si viveva minoranza, con un senso popolare, anche popolano, che si poteva dimostrare maggioranza.
L'attaccamento di Mario alla terra delle sue origini, la dedizione ai campi di montagna dove far pascolare e nutrire ecologicamente del bestiame, al borgo di Verrecchie dove sono sepolti, morti del suo stesso male, i suoi genitori. È la stessa che ha difeso nel Giorno della Terra", è la stessa che lo accoglierà e lo farà riposare. Avrebbe potuto vivere ancora, dannazione. A sua moglie Giusi - collaboriamo da tantissimi anni - alla sua compagna, ai suoi figli e ai familiari e agli amici mi sento di dire in questo momento terribile: nessuno dimenticherà la singolare traiettoria umana, la costruzione della vita e delle opere di Mario Di Carlo.
Francesco Rutelli per il Europa quotidiano
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