FRANCESCO RUTELLI

Il mio intervento sulla fiducia posta su processo lungo""

Signor Presidente, si dice spesso che c'è un accrescimento della distanza tra la politica, le istituzioni e l'Italia reale. Se qualcuno dovesse fare una descrizione - e qui raccolgo sia l'espressione del senatore Zanda, sia quella del senatore D'Alia - di un fine regime, eccola in quest'Aula stamattina. L'Italia si sta interrogando sui numeri reali dell'economia. Abbiamo visto cosa sta accadendo in queste ore con l'asta dei titoli di Stato che denota un grave calo di attenzione e d'interesse degli investitori sul nostro Paese, un accrescimento degli oneri che già di per sé, signor Presidente, comportano l'adozione di un'altra manovra. E il rinvio dell'asta prevista in agosto sottintende proprio questo: il desiderio, da parte dell'attuale Ministro dell'economia, di non mettere i numeri di fronte all'evidenza della realtà e aspettare settembre.

Nel frattempo fuori da quest'Aula si parla delle dimissioni del Ministro dell'economia, rispetto alle quali non siamo in grado di sapere, né di giudicare. Qui invece che cosa accade, signor Presidente? Dopo che lei ieri ha detto che non avrebbe strozzato il dibattito ed ha preso con noi un impegno, pur in sua assenza, e mentre da parte sua e dello stesso Capo dello Stato si chiede che le riforme in materia di giustizia si facciano insieme, e ancora, mentre sta giurando il nuovo Ministro della giustizia, il quale dice che da ora in poi le riforme si faranno insieme, a metà della discussione generale si alza con il suo foglietto il ministro Vito - arrivato forse da un altro pianeta rispetto a quella che è la condizione del mondo attorno a noi ed alle stesse prese di posizione delle più alte istituzioni del nostro Paese, incluso il Presidente del Senato - per porre la questione di fiducia, bloccando così quella discussione che vi eravate impegnati a concludere affinché, secondo le parole del Presidente del Senato, fosse approvato questo provvedimento, contro il quale noi ci batteremo perché non lo condividiamo radicalmente.Dunque - lo ripeto - mentre fuori di qui, sia dal Capo dello Stato che dal nuovo ministro Palma viene detto basta alle contrapposizioni in materia di giustizia, si pone la questione di fiducia sull'ennesima legge ad personam e sull'ennesimo stravolgimento delle procedure del processo italiano a beneficio di nuovo dell'idea di risolvere o allontanare una problematica giudiziaria che riguarda il Presidente del Consiglio.

Ma ci rendiamo conto che tutto ciò che accade fuori di qui non ha nulla a che vedere con ciò che si pone stamattina sul tavolo del Governo e si propone nell'Aula del Senato della Repubblica? Il fatto stesso che si stia svolgendo una serie di interventi dei rappresentanti delle opposizioni senza che si alzi una persona dai banchi della maggioranza per dire che non è d'accordo, debbo dire che lo considero un punto veramente critico della nostra vita parlamentare.

Sono certo - poiché abbiamo conversato con colleghi della maggioranza fino a pochi minuti fa - che sono in molti a non essere d'accordo sul fatto che si debba porre la fiducia su un provvedimento come quello in esame, destinato ad andare alla Camera, dove sarà certamente bloccato e non vedrà la sua conclusione perché, con ogni probabilità, troverà uno stop dal punto di vista costituzionale e giurisdizionale, senza voler chiamare in causa le alte magistrature della Repubblica che hanno la loro perfetta autonomia. Ma di cosa stiamo parlando?

Signor Presidente, le opposizioni in quest'Aula sono diverse per genesi e per profilo politico: c'è l'opposizione del Partito Democratico, c'è l'opposizione del Terzo Polo e di altre forze parlamentari, con cultura e sensibilità diverse. Tuttavia, Presidente, lei in quest'Aula ha assistito non solo come testimone, essendone anche garante in certa misura, a due fatti molto rilevanti.

Le opposizioni hanno consentito innanzitutto di approvare in tre giorni una manovra molto impegnativa da parte del Governo, fatto e prova di responsabilità senza precedenti. Le stesse opposizioni, poi, ieri si sono espresse a favore del provvedimento sul finanziamento delle missioni all'estero: infatti, nonostante alcuni turbamenti e una posizione diversa del Gruppo dell'Italia dei Valori, sia il Partito Democratico che le forze del Terzo Polo, queste ultime in modo unanime e compatto, hanno votato a favore di quel disegno di legge.

Proprio sul dibattito che si è svolto ieri in quest'Aula, vorrei fare però una riflessione, rivolgendomi ai colleghi della Lega Nord. Non ce l'ho con la Lega, nessuno di noi ce l'ha con la Lega; non possiamo avercela con una forza politica democratica, rappresentativa di una parte importante del Paese, ma siamo consapevoli che quel dibattito, colleghi, è iniziato con una dichiarazione del vice ministro Castelli che aveva detto che non avrebbe votato quel provvedimento. Detto e fatto. Il vice ministro Castelli ieri era forse in missione, in permesso, in congedo, ma non ha votato il provvedimento sulle missioni all'estero.

Signor Presidente, ci troviamo di fronte a delle opposizioni che avvertono il senso drammatico delle difficoltà in cui si trova il Paese: è un elemento di autenticità. Ci sono difficoltà che coinvolgono tutti, ma le opposizioni non si tirano indietro, con le loro diversità interne, di profilo politico e di prospettiva. Nel momento in cui c'è da votare una manovra in 72 ore danno il loro assenso perché ciò avvenga.

Rendiamoci conto di che cosa sta accadendo in questo momento nel Congresso degli Stati Uniti, dove per l'esasperazione partigiana tra i due partiti presenti la prima Nazione democratica dell'Occidente e la più grande potenza economica del mondo sta rischiando di non avere la possibilità di portare avanti il suo bilancio.

Noi qui invece, in un Paese medio, diviso e in difficoltà, nonostante sul tema delle missioni all'estero saremmo potuti passare all'opposizione e mettere in rilievo le contraddizioni della maggioranza, non lo abbiamo fatto per fedeltà al vincolo costituzionale, all'operato delle Forze armate e per responsabilità unitaria in questo nostro Paese. Autorizzando il via libera ad una manovra che non condividevamo, di cui continuiamo a non condividere l'ispirazione, poiché insufficiente per la crescita e inadeguata nella scelta dei tagli della spesa pubblica, pur avendo avuto buon gioco ad inchiodarvi a queste difficoltà, tuttavia non lo abbiamo fatto.

Oggi il Presidente del Senato si è impegnato con noi a concludere l'esame, e secondo il calendario, che il collega Zanda ha ribadito essere stato in una qualche misura estorto nella sua approvazione, sulla base, per così dire, di un equivoco e di un'ambiguità, se non proprio di una furbizia: ma non fa nulla. Il Presidente ha detto di concludere e voi interrompete la discussione generale a metà, date uno schiaffo al Parlamento, impedite persino che si parli per opporsi a questo provvedimento e ci chiedete il voto di fiducia? E poi tornerete domani a chiederci responsabilità sull'economia? Responsabilità sulla politica estera? Responsabilità sulle prospettive di questo Paese?.

Non lo dico con moralismo, ma con senso di responsabilità, anch'essa repubblicana: nessuno tra i banchi della maggioranza si alza per dire al Governo «per favore ripensateci e mettiamo le priorità al giusto posto»? Le priorità sono certamente l'economia, il decreto rimpatri - se si vuole - e le altre misure all'ordine del giorno del Senato, ma non certo l'ennesima leggina che stravolge il processo penale in Italia per l'interesse di qualcuno! Se, come ha detto il ministro Tremonti, volete continuare a ballare sul Titanic, fatelo: non sorprendetevi, però, se non sarà l'opposizione, ma il Paese a scendere dalla barca che sta affondando.

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