Pannella, la Piazza e i radicali che hanno cambiato l'Italia
Francesco Rutelli dal palco di Piazza Navona, il 21 maggio 2016
“Io vi guardo e penso che in questa piazza e su questo palco, nel 1977, al posto della band di Carletto Loffredo c’era un pianista che aveva dietro la schiena un cartello con scritto: “non sparate sul pianista”. Perché fuori di qui si sparava.
Erano i giorni in cui i radicali disobbedivano a chi impediva la libertà di manifestare in modo nonviolento, e disobbedivano a coloro che versavano il sangue sulle strade delle nostre città. Erano gli anni che preparavano, da parte di Marco Pannella, la scelta che tutti avrebbero considerato assurda, folle, di mettere sul simbolo di un partito politico la faccia di Gandhi. Io ricordo quelle ore, ricordo i ragazzi come me e come altri, che avevano 20 anni e poco più, che si sentivano qui a Piazza Navona sicuri. Non c’era niente di sicuro. Erano sicuri e forti delle loro idee.
In questo, vedete, non potete immaginare quanto mi faccia soffrire parlare accanto a Marco che è morto.
Eppure, la vita pubblica di Marco non avrebbe che potuto concludersi qui.
Piazza Navona: 1900 anni fa era uno stadio, lo stadio di Domiziano; poi Innocenzo X l’ha trasformata. Piazza Navona è anche una visione del mondo: quella fontana dei Quattro Fiumi del Bernini rappresenta i quattro angoli del Pianeta. Nella Roma di allora si pensava al Gange, al Rio de la Plata in Argentina, al Nilo e al Danubio. Guardate quelle quattro statue. Questa piazza veniva allagata per fare divertire il popolo: fino a metà dell’Ottocento si chiudevano le caditoie, si faceva uscire l’acqua dalle fontane e il popolo si divertiva. Era una piazza del mercato, dei saltimbanchi, dei ciarlatani. Era una piazza dove si facevano le corse dei cavalli, il carnevale, i fuochi d’artificio. Era la piazza dei Romani.
È poi diventata nell'ultima parte del secolo scorso la piazza dei Radicali. E solo Piazza Navona avrebbe potuto essere la piazza di Marco Pannella. Perché è questo luogo che raffigura il valore e il senso di quello che i Radicali hanno fatto, di quello che voi avete fatto.
Tanti di voi, con coraggio, con disinteresse, con determinazione, e seguendo qualcuno che aveva una sua linea interiore, che spesso distruggeva ciò che aveva creato, ma lo faceva per rigore, per onestà, per far ripartire ogni volta una battaglia nuova, una speranza nuova, per suscitare speranze, per allevare gente come me e tanti di voi che non saremmo stati nulla se non ci fosse stato il Partito Radicale di Marco Pannella.
Tanti di voi, con coraggio, con disinteresse, con determinazione, e seguendo qualcuno che aveva una sua linea interiore, che spesso distruggeva ciò che aveva creato, ma lo faceva per rigore, per onestà, per far ripartire ogni volta una battaglia nuova, una speranza nuova, per suscitare speranze, per allevare gente come me e tanti di voi che non saremmo stati nulla se non ci fosse stato il Partito Radicale di Marco Pannella.
E questa piazza rappresenta il senso che i Radicali – ne vedo da ogni parte d’Italia – hanno portato nelle piazze delle loro città. La piazza è il senso della convivialità italiana, la piazza è il luogo dove il nostro popolo si incontra, la gente si scambia le idee; quando si è trattato di inventare una cosa nuova (ho visto lì dietro Roberto Cicciomessere), per dare un nome alla trasformazione tecnologica della battaglia radicale, si è scelto Agorà, il nome greco della piazza.
Cosa vuol dire questo? Ci sono tra di voi quelli che insieme a noi hanno fatto le manifestazioni sui marciapiedi, ci sono coloro che hanno occupato per mesi lo stesso marciapiede a raccogliere, nel tempo, milioni di firme per battaglie civili che hanno cambiato l’Italia.
E' il senso della città - la parola città ha la stessa radice di civiltà. E' la civiltà radicale, è la civiltà di Marco Pannella.
La convivialità che si crea e vuol dire vivere insieme, cum-vivere: questo ci ha insegnato (per 86 anni!) Marco Pannella, qualcosa che non può morire e non può finire con la morte di Marco. E questo è l’invito che io voglio rivolgere ai radicali di oggi. Non siamo noi, non sono io a poterlo dire oggi. Trovate il modo, troviamo il modo di onorare Marco intanto onorandolo ogni anno. Facciamo ogni anno una Conferenza dedicata a una delle sue battaglie, e vedrete che ci vorrà più di un secolo per portare avanti queste conferenze annuali sulle intuizioni, sulle creazioni di Marco Pannella.
Che per me sintetizza il motto che io amo di più in politica, una frase di Hannah Arendt: "La politica è la facoltà di dare inizio".
Pannella è stato il più grande iniziatore, ed è stato il più grande continuatore. Anche decidendo più volte di smontare quello che aveva costruito. Nelle piazze d'Italia ha parlato con il popolo, e nelle piazze del mondo ha parlato con chi avesse una speranza di giustizia, soprattutto se si sentiva l’ultimo.
Questo è stato Marco, e questo sarà sempre nella riconoscenza che portiamo per lui. Sempre, Marco Pannella."