FRANCESCO RUTELLI

Lettera a Europa: «E così il Pd diventa "la sinistra"...»

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Caro direttore,
cos'è un campanello d'allarme? In genere, una figura retorica il cui rintocco si sente quando è troppo tardi. Ovvero, quando si constata che l'incendio è scoppiato, o un amore è finito, e occorre giustificare l'irreparabilità di un evento attraverso la descrizione di un sintomo.

Cercherò di andare controcorrente - occorrenza non infrequente, in questo periodo - e di presentare in modo positivo il campanello che ieri ho sentito suonare proprio su Europa. Due volte, in due sommari: nella recensione di un libro ("Perché la sinistra ha perso le elezioni?") e in un articolo del mio amico Roberto della Seta ("occorre che destra e sinistra si contrastino con forza e in campo aperto").

Non ci siamo. Non contesto la semplificazione dei titoli, ma l'essenzialità del messaggio che si sta facendo strada: il PD è la sinistra, è il partito della sinistra in Italia. L'ho fatto notare ad Aldo Schiavone, per cui ho grande stima, il cui ultimo saggio ha virato piuttosto bruscamente secondo questa semplificazione lessicale. E' una semplificazione che ho colto su riviste di riformismo socialista-liberale come Reset; su una infinita quantità di titoli di giornale. E su dichiarazioni di autorevoli dirigenti del PD.

Ripercorrendo la storia di questi anni, ci accorgiamo che una persona ha più di tutti inteso definire il centrosinistra come la sinistra, nel confronto bipolare italiano. E' stato Silvio Berlusconi. Lo ha fatto pour cause. I dirigenti del centrosinistra, in genere, hanno convenuto correttamente di definire centrodestra gli avversari (uno schieramento, peraltro, che veniva sempre più qualificandosi con una fisionomia di destra). Con la nascita del PD, una nuova/antichissima parola ci ha finalmente consentito di qualificare la speranza che per un quindicennio si era riunita sotto l'insegna dell'Ulivo. La parola democratico.

Noi non siamo la sinistra (anche se ne raccogliamo, senza nasconderlo, il solido ceppo riformista); non abbiamo più bisogno di definirci in modo topografico, in base alla nostra collocazione di centrosinistra. Noi siamo i democratici italiani.

Proprio ieri, in un bell'articolo sul Washington Post, E. J. Dionne ha elogiato "la dottrina Obama" in politica estera, scrivendo: "gli Stati Uniti non possono imporre la democrazia dappertutto, ma noi siamo chiamati ad ergerci con forza a favore dei democratici, dei prigionieri politici, degli attivisti per i diritti umani in ogni parte del mondo."

Ecco: noi, che siamo i democratici italiani, siamo amici dei democratici e dei combattenti per la libertà di ogni parte del mondo. E abbiamo fondato il nostro partito. Non ce lo dimentichiamo. Non trascuriamo il campanello d'allarme. Non torniamo a riconoscerci nelle parti, perché perderemmo il tutto.

La lettera a Europa 17 aprile 2009

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